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Marco Giampaolo, l'apostolo di Sarri

Il mondo del calcio è abitudinario e poco incline ai cambiamenti. Le innovazioni troppo azzardate e la paura di commettere errori sono un freno. Nel calcio non si può introdurre un’idea nuova e ottenere subito i risultati. E’ un processo che richiede una serie di sperimentazioni. Ci vuole tempo. Ogni tecnico ha una propria personalità, ma la virtù dell’allenatore leader è lavorare per ottenere risultati immediati pensando di trovare le soluzioni che preparano il domani. Molto dipende dalla professionalità del mister che per rendere più efficace il gioco deve valorizzare i giocatori anche a costo di cambiare i loro ruoli e utilizzarli in posizioni più congeniali. E’ comunque la qualità che fa la differenza.

Marco Giampaolo, 49 anni, è un allenatore che ha alle spalle un tirocinio fatto di alti e bassi. L’inizio ad Ascoli è buono. Era perfino in predicato di passare alla Juventus e alla Roma. Più sofferte le stagioni a Cagliari dove è stato esonerato una prima volta, poi torna a guidare la squadra sarda portandola alla salvezza: la stagione successiva, dopo un inizio promettente, è incappato in una serie di risultati negativi, il presidente Cellino lo ha licenziato una seconda volta. Il suo successore Sonetti ha dato le dimissioni, allora Cellino ha richiamato Giampaolo che però ha rifiutato: «L’orgoglio e la dignità non hanno prezzo». La successiva tappa è a Siena. I risultati sono scarsi (5 punti in 10 giornate), altro esonero. A Catania inizia con 22 punti in 20 partite ma a seguito di un filotto deludente viene esonerato. Col Cesena firma un biennale. Comincia male: 3 punti in 9 partite e foglio di via. Siccome lo stimano non ha avuto difficoltà a trovare chi lo apprezza: il Brescia. Però anche in Lombardia non tutta fila liscio. Dopo la sconfitta col Crotone i tifosi inneggiano il suo predecessore Alessandro Calori. E’ la goccia che fa traboccare il vaso: Giampaolo non si presenta all’allenamento, rassegna le dimissioni e sparisce dalla circolazione. Ricomincia dalla Cremonese in Lega Pro ma a fine stagione rescinde. Dopo questa odissea, a Empoli trova la terra promessa e l’habitat giusto.

Nell’Empoli, via Sarri che aveva lasciato una traccia profonda, ecco Giampaolo che ha la stessa condivisione didattica. La continuità dell’Empoli è nella capacità di difendersi con la linea alta, intercettare la palla il più alto possibile, transizione veloce, il meticoloso studio dei movimenti offensivi e difensivi, e la ferma intenzione di puntare su giocatori di qualità. Non è semplice giocare bene se il livello tecnico è modesto e non c’è una perfetta intesa.
E’ cambiata la mentalità delle piccole, è infatti meno scontata la sconfitta quando si affrontano le prime della classe. Una volta contro le grandi rimediavano batoste, oggi non è così. La maggiore competitività delle piccole è una conseguenza della consapevolezza che per colmare il gap è indispensabile esaltare i componenti dell’organico che devono esprimere senza remore le loro capacità e curare fin nei dettagli l’organizzazione di gioco.

I sacrifici sono essenziali per chi vuole arrivare ai vertici. Sacrificarsi significa fare tutto per arrivare al traguardo, impegnarsi oltre ogni limite per ottenere il risultato. I giocatori non sono tutti uguali e non devono essere trattati tutti nello stesso modo. Il che non significa che non meritino lo stesso rispetto. L’allenatore però deve trovare il modo giusto per comunicare con ognuno di loro. E’ fondamentale la stima e la fiducia reciproca, la gestione del gruppo, la carica motivazionale. Ci vogliono però presidenti, dirigenti e allenatori che aiutino questo processo di maturazione con pazienza e senza l’assillo del tutto e subito. A Empoli Sarri prima, Giampaolo poi, hanno trovato il loro “El Dorado” e la consacrazione professionale. Oggi grazie a loro l’Empoli è tra le squadre di Serie A che giocano meglio.

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  Scritto da Tiziano Crudeli il 08/06/2016
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