Giornata nera per le torinesi di A: Juve e Toro ko
Bianconeri spazzati dal tornado Napoli, granata sorpresi in casa dallo Spezia

Il tornado Napoli spazza via come un fuscello una Juventus che incassa una batosta epocale, vede squagliarsi come neve al sole tutte le certezze da poco ritrovate e deve prendere definitivamente coscienza delle proprie lacune, soprattutto di personalità, e della sua inferiorità nei confronti della capolista. Il Torino compie in dieci un'impresa memorabile eliminando il Milan dalla Coppa Italia, poi ripiomba nella mediocrità, per nulla aurea, del campionato e scivola in casa di fronte al determinato e concreto Spezia, completando un turno da dimenticare in fretta per le rappresentanti del calcio sotto la Mole.
Chiamata a dimostrare il proprio valore e le proprie ambizioni nello scontro al vertice che poteva dare una svolta alla stagione, la Vecchia Signora mostrava impietosamente le sue rughe e l'inconsistenza davanti ad un avversario dal gioco spettacolare, affamato di successo, caricato a mille e sempre più convinto dei propri mezzi, che in un solo colpo ha cancellato i fantasmi del proprio passato e superato l'esame di maturità.
Bianconeri molli e privi di convinzione fin dalle battute iniziali, con il reparto arretrato dove il solo Szczesny, pur non impeccabile, ha evitato un tracollo peggiore, mentre i tremebondi Danio, Bremer e Alex Sandro hanno mandato in scena una sagra degli errori degna, con rispetto parlando, del campionato di Terza Categoria. Fuori giri, travolti dal dinamismo dei dirimpettai e a torto chiamati anche a compiti di contenimento che non sono nelle loro corde Chiesa e Kostic sulle corsie esterne, mentre nel settore nevralgico McKennie, Locatelli e Rabiot venivano surlassati dal ritmo e dal palleggio di Lobotka, Zielinski e Anguissa. Qualche luce arrivava solo dai lampi offensivi di Di Maria, cui non faceva però il paio la prestazione di Milik (per lui l'attenuante del mancato apporto dei compagni, sempre troppo bassi).
Archiviata mezz'ora di monologo partenopeo dai ritmi forsennati, sfociato nella rete del vantaggio di Osimhen (complice la passività della retroguardia juventina) e intervallato dall'incrocio dei pali centrato dal Fideo, Allegri assestava la squadra disponendola con un più equilibrato 4-4-2 e la Juve sembrava riuscire a reagire. Nel momento migliore degli ospiti lo svarione con gentile regalo per il raddoppio di Kvaratskhelia, poi il guizzo d'orgoglio del gol di Di Maria seguito dalla reattività di Meret sull'involontario tentativo di autorete di Rrahmani erano gli ultimi segnali della presenza juventina in campo.
Nella ripresa la squadra di Allegri spariva incomprensibilmente dalla scena in un corollario di episodi che sfioravano il grottesco: dal cambio di Locatelli chiamato poi rinviato (davvero l'ha fermato Doveri?) prima del calcio d'angolo che ha fruttato a quella di Spalletti il 3-1 con cui si sono di fatto chiusi i giochi, alla "bambola" difensiva sotto la pressione degli indemoniati azzurri che ha aperto la strada alla doppietta del centravanti nigeriano, sino all'incapacità di arginare ogni folata offensiva dei napoletani e alla deviazione di Alex Sandro sull'ultima stoccata di Elmas.
Il risultato assumeva per i bianconeri la dimensione della batosta storica: era dal maggio 1993 a Pescara (per ironia della sorte con Allegri presente in campo e a segno tra i biancazzurri, mentre la formazione di Trapattoni era quasi in "gita turistica" ancora ebbra di gioia per la conquista della Coppa UEFA avvenuta pochi giorni prima) che la Juve non incassava una sconfitta di tali proporzioni, concludendo nel modo peggiore e più amaro possibile la lunga e vittoriosa presidenza di Andrea Agnelli. Sull'altro fronte una serata da cineteca da mettere negli annali, che ha riportato alla menoria l'umiliante 5-1 rifilato ai rivali nella Supercoppa italiana del 1990 e confermato, se mai ce non fosse stato ancora bisogno, la caratura e la raggiunta maturità della principale candidata allo scudetto.
Leccatasi le ferite, la Juve sarà chiamata ad un'immediata reazione nel confronto di Coppa Italia di giovedì contro il Monza, prima di ricevere domenica sera un'Atalanta in netta ripresa.
Torino dagli altari alla povere nel giro di quattro giorni. Il Vecchio Cuore Granata pulsava forte nel mercoledì di Coppa Italia e, nonostante l'inferiorità numerica per l'espulsione di Djidji, la squadra di Juric reggeva il confronto con il Milan e scottava il Diavolo con una fiammata in contropiede di Adopo al tramonto dei supplementari.
Le energie spese, assieme alle assenze, presentavano il conto nella domenica di campionato contro il coriaceo Spezia. Nella circostanza il tecnico croata imperniava la difesa su Djidji, Schuurs (poi rilevato nella ripresa da Rodriguez) e Buongiorno, mentre sulle fasce laterali doveva giocoforza schierare Singo e Vojvoda. Opachi a centrocampo Lukic e Ricci, sosì come i trequartisti Vlasic, Miranchuk e il terminale offensivo Sanabria.
Da tali premesse scaturiva una frazione iniziale in cui era il Toro a condurre le danze senza però il ritmo e l'incisività necessari, non riuscendo a fare breccia nell'accorto schieramento tattico della concentrata squadra di Gotti. Le manovre aggiranti per linee orizzontali risultavano troppo lente e senza esito i lunghi lanci dalle retrovie a saltare il folto centrocampo ligure, così come gli sporadici tentativi di imbucata in verticale.
Lo Spezia, sempre ficcante quando si affacciava in avanti, ringraziava Djidji per l'ennesima "frittata" combinata in area (questa volta fallo di mano su conclusione di Reca) e dopo aver sbloccato il risultato con il conseguente rigore di Nzola prendeva coraggio uscendo dal guscio, mentre i granata accusavano il colpo e solo prima dell'intervallo riuscivano, senza costrutto, a riportarsi in attacco.
Partenza arrembante del Toro (in cui Linetty aveva rilevato l'infortunato Lukic) nella ripresa, poi la gara si faceva frenetica, con errori di misura su ambo i fronti e squadre allungate. Padroni di casa sempre poco lucidi, mentre i liguri gestivano al meglio il vantaggio pungendo di rimessa con il tridente offensivo Nzola-Agudelo-Gyasi (clamorosa la traversa centrata da quest'ultimo) e le sgroppate di Holm.
Nel convulso finale i cambi ruolo per ruolo effettuati da Juric non davano la scossa e il forcing torinista si spegneva mestamente contro la retroguardia spezzina e le parate di Dragowski. Messa alle spalle una giornata opaca e storta, il Toro dovrà cercare di tornare a fare punti sabato sera in casa della Fiorentina.
Nella fotografia tratta dal sito ufficiale del Torino FC: l'attaccante granata Sanabria fronteggiato dal difensore spezzino Nikolaou
