La Scuola calcio va riformata?
A cura di Dario Jovane

Il concetto stesso di scuola calcio è molto variato negli anni passando dall’essere visto come un “semplice” sport a una vera e propria attività educativa e formativa. In anni in cui i bambini giocano sempre meno "per strada" è diventato quanto mai fondamentale l’utilizzo delle scuole calcio per lo sviluppo motorio. La cultura sportiva ha iniziato a cambiare e non si vedono più "giri di campo" o addominali ma si lavora su giochi ed elementi che servono alla crescita psicofisica dei bambini. La scelta, quindi, di far continuare i 2008 come Primi Calci non è da criticare ma permette una crescita più uniforme. Per gli Esordienti secondo anno il discorso fatto cambia leggermente. Per loro è previsto un ritorno a 9 prima di trovarsi catapultati nell’agonistica a 11. Se è vero che meno persone in campo significa più possibilità che un giocatore tocchi palla, è altrettanto vero che il compito della scuola calcio è anche quella di formare un giocatore idoneo a essere iniziato al mondo del “calcio dei grandi”. Fermarsi al calcio a 9 vuol dire fermarsi prima di aver insegnato per intero il mondo calcistico. Certo, non si diventa calciatori completi a 13 anni e arrivati qui di strada ancora ce n’è da fare, ma non sarebbe il caso di affacciarsi all’agonistica avendo già affrontato, almeno nella fase primaverile, il calcio nelle sue dimensioni reali? È anche vero che per poter arrivare così in fretta ad avere giocatori completi le annate addietro dovrebbero aver percorso correttamente tutti gli step necessari alla formazione del calciatore pensante. Per farlo però bisognerebbe avere istruttori preparati. La domanda allora sorge spontanea: perché la federazione non obbliga le scuole calcio ad avere solo istruttori qualificati? Perché non prende un impegno serio nella formazione, aumentando il numero dei corsi e degli aggiornamenti e rendendoli obbligatori per ogni istruttore?
