Dino Cherubin: quando "ingaggiò" Altafini per un torneo notturno

All’età di 87 anni è mancato Dino Cherubin: uno di quei personaggi così lontani dalla flemma dei “bugianen” da doverti ricredere rapidissimamente, visto che mai ti saresti aspettato di veder passeggiare uno così in via Vittorio da cittadino chierese. Invece cittadino chierese lo era diventato, ma per necessità, il che mai gli impedì comunque di dimenticare anche a distanza di molto tempo il “suo” San Martino di Lupari e la “sua” Luparense. Da ragazzo con la valigia dei sogni aveva infatti cavalcato, non da solo, l’onda di un’emigrazione forzata: quella che doveva portare, anche all’ombra dell’Arco, un gran numero di emigranti dal Polesine martoriato, a far capo dagli Anni Cinquanta.
A Chieri seppe farsi da sé. Lavorò con i fratelli Guido e Bruno nell’edilizia ma coltivava passioni ed interessi particolari che gli consentirono, alla fine degli Anni Settanta, di rilevare un negozio di articoli sportivi: dal pane del boom del mattone passò al companatico di tutta una vita. Estroverso e poliedrico, burbero benefico per definizione, diventò dunque “chierese” a tutti gli effetti, miscelando carattere e cultura estroversi della sua patria d’origine, il Veneto, con quelli ponderali e metodici della patria acquisita, il Piemonte. Seppe “legarli” da buon Italiano, altro che erigere muri! Dal primo lustro degli Anni Settanta era entrato ufficialmente nel “mondo” pallonaro del Chieri. Ci restava a vario titolo fino a pochi anni or sono. Divenne “Dinosport”, mecenate e sponsor non solo della sfera di cuoio, ma anche di una pallavolo in costante evoluzione e chi più ne ha più ne metta. Alla corte di vari presidenti, fino a Dado Benedicenti attraverso Ferdinando Vergnano, sosteneva un ruolo fondamentale e per nulla acritico, tanto da dirigente quanto da sponsor tecnico e supporter.
Ruppe il ghiaccio con la società azzurra ricoprendo la carica di vicepresidente nel primo anno della presidenza di Beniamino Bonetto, campionato di Promozione 1973-1974. Non solo per questo, ma anche per altre sue iniziative polivalenti e talvolta singolari, Guido Bodrato lo aveva nominato Commendatore nel 1984 e lui ne andava fiero. Quando lo ritenne opportuno passò il testimone operativo al figlio Armando, cioè in “buone mani”. Autoreferenziale al punto giusto, fosse vissuto nel Medioevo avrebbe sicuramente fatto il capitano di ventura, unendo con saggezza celebrità, potere e pecunia. La sua popolarità, che lo aveva fatto diventare un punto di riferimento promozionale ante litteram, si manifestava spesso con la presentazione al popolo di campioni d’ogni genere. Anche con un po’ di ilarità.
In un’edizione del “Notturno” estivo a sette disputato al “Comunale” di corso Buozzi, aveva per l’ennesima volta formato l’ennesima super-squadra con l’intenzione di assurgere a gloria non effimera primeggiando alla faccia degli immancabili invidiosi che intendevano spernacchiarlo. Per questo, lui che di giocatori di alto profilo ne conosceva un vagone, non aveva lesinato mezzi e gli era perfino riuscito di “ingaggiare” nientemeno che Josè Altafini. In campo il “Mazzola” lo assecondò di buzzo buono nelle eliminatorie dando in effetti spettacolo a scena aperta: Dino gongolava. Sul più bello, però, il centravanti lasciò con un palmo di naso il Commenda e la compagnia cantante: tolse di brutto il disturbo e trasvolò “per ferie” l’Atlantico dopo essere salito sull’aereo che lo avrebbe portato in Brasile. Impossibile dimenticare.
Nella fotografia: Dino Cherubin sulla destra insieme a Ferdinando Vergnano, presidente del Chieri negli Anni Sessanta.
