Supercoppa amara per la Juve, il Toro scivola in casa

Dai gol siderali di Dybala e, soprattutto, Ronaldo che hanno permesso ai bianconeri di chiudere l'anno in vetta alla classifica, al weekend nero che ha portato un'abbondante fornitura di carbone, rimpianti e riflessioni sotto l'albero delle due torinesi per un Natale calcistico dal sapore amaro all'ombra della Mole.
A Genova la Juventus ha svolto l'ennesimo compitino stagionale per mantenersi in linea di galleggiamento in campionato, non ascoltando però il suono dei campanelli d'allarme premonitori del disastro che si sarebbe verificato quattro giorni dopo in Supercoppa. Contro una Sampdoria conscia dei suoi limiti che ha disputato una gara di puro contenimento con sporadiche sortite offensive, la squadra di Sarri ha mantenuto un predominio territoriale quasi scontato quanto sterile e caratterizzato da ritmi bassi inefficaci a fare breccia nel compatto schieramento difensivo avversario. Solo le prodezze dei suoi campioni le hanno consegnato la vittoria, permettendole di ovviare all'ennesima sbavatura che ha ancora una volta impedito di chiudere la gara con la porta inviolata, mentre la mancanza di cinismo ha lasciato il risultato pericolosamente in bilico sino al triplice fischio, con la possibile beffa sempre in agguato.
Svuotati di energie (fisiche e, molto più colpevolmente, mentali, con la fame di successo che sembra cominciare a mancare) e senza fare tesoro della lezione incassata solo quindici giorni prima, i bianconeri sono poi andati incontro alla seconda disfatta consecutiva contro la scintillante Lazio dello scafato Simone Inzaghi, vedendo sfumare il primo obiettivo stagionale (foto Fox Sports). Parita quasi perfetta quella dei biancocelesti, che hanno chiuso tutti i varchi impedendo allo stucchevole e lentissimo possesso palla juventino di trovare spazi, ripartendo con un ritmo che prendeva spesso d'infilata il centrocampo avversario, costretto a rincorrere e sempre in difficoltà nelle chiusure, e dominando sulla corsie esterne, dove le scelte di Sarri non hanno convinto. I cambi di fronte nelle giocate offensive e l'implacabilità nei contropiedi (come testimonia la dinamica delle tre reti laziali) hanno fatto il resto mettendo il dito nella piaga di una fase difensiva juventina mal registrata e sempre soggetta a sbandate fatali.
Di fronte ad una squadra con un'identità consolidata, una precisa quanto efficace idea di gioco, pericolosa ogni qual volta si proponeva in avanti, abile a sfruttare i punti deboli avversari e tremendamente concreta in attacco, la Juve ha mostrato di essere sempre un abulico cantiere aperto alla ricerca della propria nuova personalità, non ancora pienamente convinta nell'applicare i dettami tattici talvolta troppo rigidi del proprio allenatore ed incapace (qui la mano colpevole di Sarri si vede tutta) di interpretare e gestire a proprio favore le differenti fasi della gara. In Arabia i tenori hanno avuto la voce roca (emblematica la barriera centrata su punizione da Dybala nel recupero un minuto prima della perla confezionata da Cataldi che ha chiuso la partita) e il nervosismo finale (espulsione di Bentancur e atteggiamento indisponente di Ronaldo alla premiazione) hanno fatto calare il sipario su una figuraccia che si spera faccia fare all'ambiente bianconero un altro salutare bagno di umiltà.
Capitolo Torino. Dopo avere incredibilmente gettato al vento il successo a Verona facendosi rimontare tre reti di vantaggio dagli scaligeri, i granata hanno proseguito nella loro opera di autolesionismo cedendo tra le mura amiche l'intera posta al fanalino di coda Spal al termine di una serata dagli aspetti surreali. Le curve vuote per la contestazione alla società e contro l'applicazione dei Daspo agli ultras non rappresentavano certo lo scenario migliore in cui affrontare l'impegno, ma il repentino vantaggio siglato da Rincon sembrava aver spianato la strada verso una chiusura d'anno serena. Qui il Toro si trasformava in Narciso specchiandosi nella sua presunta bellezza e, complici le parate di Berisha, sprecava troppo non chiudendo la gara. La Spal riprendeva vigore e la stilettata di Strefezza mandava, neanche troppo a sorpresa, le squadre al riposo in parità.
Dopo l'intervallo gli episodi condannavano i granata. Da un lato l'espulsione di Bremer li costringeva a giocare più di mezz'ora in inferiorità numerica, dall'altro la voglia di portare comunque a casa i tre punti spingeva Mazzarri ad inserire una punta in più, scoprendosi. Gli errori torinisti sottoporta tenevano a galla i ferraresi che crescevano alla distanza e facevano affondare i granata con il colpo di testa di Petagna. La bordata di fischi che accompagnava il Toro all'uscita dal campo era l'inevitabile conclusione di un'altra serata da dimenticare in cui i granata sono rimasti con un pugno di mosche in mano.
Rinnovata, almeno per le prossime tre partite, la fiducia a Mazzarri e confortati da una posizione di classifica comunque tranquilla da cui ripartire, i granata dovranno sfruttare la sosta per ricompattarsi e trovare continuità e maturità, con l'obiettivo di spiccare il finora tanto invocato, ma mai compiuto, salto di qualità.
