Serie A: alla Juve il derby d'Italia, Toro travolto dal ciclone Napoli
Il ciclone Napoli travolge un Toro che, oltre alla generosità, poco altro ha potuto mettere in campo per cercare di contrastare la spettacolare corazzata partenopea. La Juve, finalmente concreta e convincente, si aggiudica con merito un derby d'Italia al solito carico di veleni e prosegue nella sua risalita preparandosi ad un finale di stagione da cuori forti. Anche l'ultimo turno di campionato prima della sosta per le nazionali ha mandato in altalena le rappresentanti del calcio sotto la Mole.
Di un'altra dimensione la squadra di Spalletti rispetto ai granata, nella cui difesa Juric dava fiducia a Gravillon assieme a Schuurs e Rodriguez, con Singo e Vojvoda a tentare di arginare le folate avversarie sulle corsie esterne. Nella zona nevralgica Ricci e Linetty pativano il confronto con Zielinski ed Anguissa; allo stesso tempo risultava inferiore al solito l'apporto di Radonjic e Vlasic sulla trequarti, con Sanabria unica punta spesso facile preda di Kim e Rrahmani.
Nonostante l'evidente inferiorità tecnico-tattica, il Toro non rinnegava la propria impostazione e cercava in partenza di pressare alto i rivali per recuperare palla e ribaltare l'azione in verticale. I granata pativano però oltremodo la pressione azzurra quando erano chiamati ad impostare la manovra uscendo in palleggio dal basso e proprio da una palla persa sulla trequarti scaturiva l'azione che portava all'angolo sfruttato magistralmente dal colpo di testa di Osimhen, che portava in vantaggio il Napoli mettendo il dito nella piaga del troppo tenero schieramento a zona della difesa torinista.
La reazione d'orgoglio della metà del primo tempo rappresentava una delle poche note positive del pomeriggio granata, con Meret protagonista sulle conclusioni di Vlasic e Ricci, mentre Sanabria era fermato solo dal palo. L'ingenuità in area di Linetty regalava a Kvaratskhelia il rigore che chiudeva la gara dopo poco più di mezz'ora di gioco, quindi il Napoli inseriva il pilota automatico e Milinkovic-Savic doveva superarsi su Osimhen.
Ripresa di pura agonia per i granata, irretiti dal ritmo e dalle letali trame in velocità della capolista, che in apertura di frazione triplicava con il proprio centravanti. La girandola di sostituzioni operate su ambo i fronti non cambiava il copione della contesa e il Napoli disponeva a piacimento di gioco ed avversari calando il poker con un'altra azione simbolo di una prestazione quasi perfetta: ennesimo recupero palla di Osimehn sulla trequarti, imbucata per l'iradiddio georgiana e cioccolatino servito al subentrato Ndombélé, che non si faceva pregare a scartarlo e ad infilare un rigore in movimento.
Gettata la spugna per manifesta inferiorità e preso atto che la stapotenza partenopea ha reso per una volta non censurabili i pur evidenti limiti ed errori dei granata, il Toro dovrà sfruttare la sosta per ricaricare le pile e presentarsi alla trasferta di lunedì 3 aprile in casa del Sassuolo con ritrovato piglio e la voglia di fermare la striscia positiva dei neroverdi.
Il derby d'Italia si tinge per la seconda volta in stagione dei colori bianconeri. Alla Scala del calcio la Juventus mette in scena una delle sue migiori recite del campionato, mostrando maturità, carattere, concentrazione e determinazione agonistica feroci e una concretezza che se accompagnata da una maggiore dose di cinismo avrebbe potuto rendere il bottino anche più pingue.
Sicuro nei pochi interventi in cui è stato chiamato in causa, vero e proprio dominatore delle uscite alte Szczesny, ad impressionare è stata la gladiatoria prova del pacchetto arretrato, in cui Gatti, Bremer e Danilo hanno annichilito Lukaku e Lautaro Martinez, rendendo innocue anche le incursioni di Calhanoglu.
La superiorità bianconera emergeva pure sulle fasce laterali, con Kostic imprendibile per il malcapitato Dumfries e De Sciglio che disinnescava il temuto Dimarco. Il capolavoro juventino era però a centrocampo, dove qualità, quantità, ritmo e fosforo di Fagioli, Locatelli e Rabiot avevano ragione dei dirimpettai nerazzurri. Unica nota in parte stonata la prestazione non del tutto convincente della seconda punta Soulé, mentre Vlahovic era chiamato ancora una volta ad una gara di sacrificio.
Disinnescate le prime due conclusioni di Barella dai riflessi del suo portiere polacco, la Vecchia Signora andava a nozze blindandosi in difesa e ripartendo con articolate manovre di rimessa, sublimate nell'azione del gol decisivo di Kostic, a monte della quale Rabiot (nella foto di MediaGol) sfoderava per la seconda domenica consecutiva le sue doti di illusionista ipnotizzando il VAR e rendendo vano ogni tentativo di ricerca di un'immagine chiara che portasse all'annullamento della rete.
Toni sempre più accessi e agonismo crescente in campo con poche occasioni pericolose fino all'intervallo e canovaccio tattico ben delineato quanto scontato nella ripresa, quando era l'Inter a fare la partita e la Juve a pungere in contropiede. La prevedibilità e la poca incisività degli attacchi della squadra di Inzaghi, incapace di cambiare marcia e trovare soluzioni alternative, facilitavano il compito di quella di Allegri, brava a chiudere senza affanni ogni varco e sempre pericolosa quando si proponeva di rimessa.
La Juve sfruttava al meglio l'innesto dello sfortunato Chiesa, ma difettava di precisione nell'ultimo passaggio e di lucidità nelle scelte offensive, vanificando ghiotte opportunità per mettere in ghiaccio la partita. I nerazzurri restavano così a galla fino al termine, ma nonostante lo stucchevole forcing non erano in grado di impensierire Madama in un epilogo con nervosismo alle stelle, culminato secondo una deplorevole tradizione nella gazzarra finale di cui facevano le spese l'irridente Paredes e D'Ambrosio, puniti con il cartellino rosso.
Approdata ai quarti di finale di Europa League e in continua risalita verso le posizioni che contano in campionato, la Juventus è ora attesa da un aprile di fuoco in campo e fuori in cui si svelerà il destino della sua travagliata stagione. Primo ostacolo da affrontare il Verona nell'anticipo casalingo di sabato 1° aprile, con l'obiettivo di non trovare in regalo uno sgradito "pesce".