Toro, a Napoli arriva il 6° ko di fila. Rinviato il derby d'Italia
Due minuti di fuoco, poi il Torino scivola senza dare segni di reazione verso l'ennesima sconfitta quasi annunciata di una stagione che sta assumendo i connotati dell'incubo, mentre la Juventus, dopo la sconcertante prestazione di Lione, viene bloccata tra mille polemiche dai rinvii anti Coronavirus decisi dalla Lega Serie A. Calcio torinese a singhiozzo a parti invertite in un weekend pallonaro di ordinaria follia. Unici a scendere in campo, questa volta, i granata, che a Napoli hanno collezionato la loro sesta sconfitta consecutiva, la settima tenendo conto anche dell'eliminazione in Coppa Italia (foto www.torinofc.it).
L'avvio lasciava finalmente presagire una reazione caratteriale, ma dopo la fiammata iniziale la squadra di Longo tornava progressivamente ad essere vittima della propria fragilità mentale, subendo passivamente il crescendo degli azzurri di Gattuso, che prendevano in mano il controllo delle operazioni disponendo a loro piacimento di un avversario dagli ormai risaputi limiti di personalità. Il Toro versione "sparring partner" tamponava come poteva con i tre centrali difensivi e veniva tenuto a galla sin quasi al termine dal solito immenso Sirigu. Troppo timido invece il centrocampo, in costante difficoltà di fronte al dinamismo ed agli inserimenti dei dirimpettai partenopei, così come gli esterni De Silvestri e Ansaldi, in affanno nelle chiusure e quasi mai in grado di incidere in fase di spinta. L'atteggiamento estremamente prudente non dava frutti, anche perché di rado recuperata palla i granata riuscivano a ripartire e a fornire palloni giocabili alla coppia d'attacco Belotti-Zaza, mal assortita ed apparsa completamente avulsa dalla gara.
L'incornata di Manolas a metà del primo tempo (nell'occasione difesa torinista ferma in versione "belle statuine") era la logica conseguenza di un copione quasi scontato, dopodiché il Napoli continuava a dominare senza neanche doversi dannare troppo per il resto della gara, graziando in più circostanze gli avversari sino a chiudere i conti nel finale con la rete di Di Lorenzo, che concretizzava un'azione da "marchio di fabbrica" napoletano (Insigne che si accentra da sinistra in prossimità del vertice dell'area e cambia fronte per l'inserimento vincente del compagno sul secondo palo).
In questo quadro il Torino continuava a risultare non pervenuto, così come apparivano tardivi i cambi operati da Longo, che solo con la squadra in doppio svantaggio inseriva Verdi ed Edera. Proprio da una combinazione tra questi due ispirata da Belotti giungeva in pieno recupero l'inutile gol della bandiera, cui i granata non riuscivano a far seguire un'ultima impennata d'orgoglio per cercare di riacciuffare il pari, forse perché ormai da tempo svuotati di energie fisiche e, soprattutto, mentali. La situazione di classifica si fa sempre più critica e l'imperativo diventa ora, calendario pazzo permettendo, quello di fare quadrato recuperando solidità mentale e un minimo di fiducia nei propri mezzi per allontanare prima possibile, e definitivamente, lo spettro della zona retrocessione.
Se il Torino piange, la Juventus ha ben poco da ridere. Con l'inopinata sconfitta di Lione ha toccato uno dei punti più bassi della stagione, palesando, se mai ce ne fosse stato bisogno, la spaccatura fra tecnico e squadra, che viaggiano su binari paralleli e privi di comunicazione fra loro. Nella fase decisiva della stagione non basteranno più le prodezze dei singoli che finora hanno tenuto in gioco i bianconeri. Per evitare un fiasco clamoroso servirà ritrovare unità di intenti (non solo a parole), un minimo di gioco (qualunque esso sia), solidità difensiva e ritmo oggi lontani, non solo dagli standard europei, ma anche da quelli delle squadre più in forma della Penisola.
Il caos calendario, con una gestione dei provvedimenti dettati dall'emergenza coronavirus che definire ondivaga e pressapochista sarebbe un eufemismo, ha poi fatto piovere sul bagnato. Si è passati dall'originaria decisione di far disputare il derby d'Italia a porte chiuse a quella presa poco più di ventiquattrore prima del fischio d'inizio di rinviarlo al 13 maggio assieme alle altre partite nella stessa situazione. Il calcio professionistico è un'azienda e nella circostanza hanno prevalso gli interessi economici ed i rapporti di forza all'interno della Lega sulla regolarità sportiva del campionato.
Creato il precedente, ora non si potranno più programmare partite a porte chiuse (vedi il caso di Sampdoria-Verona), con il conseguente rischio di accumulare un numero di rinvii molto difficile, se non addirittura impossibile da gestire. Sarebbe stato meglio, come accaduto in serie B, giocare con il pubblico dove possibile e senza negli altri casi. Posticipare di due mesi e mezzo gli incontri saltati collocandoli a ridosso della fine del campionato, con situazioni e motivazioni probabilmente del tutto differenti da quelle attuali, rischia davvero di minare la regolarità della competizione. Mercoledì, poco prima che si disputi, ma solo per gli spettatori residenti in Piemonte o non provenienti dalle aree a maggior rischio coronavirus, la semifinale di ritorno di Coppa Italia fra Juventus e Milan, è in programma un'assemblea di Lega che si preannuncia infuocata. Ipotizzare lo scenario sul prosieguo del campionato che da questa ne scaturirà richiede francamente doti di preveggenza. Il massimo pallone italico non può fare altro che vivere alla giornata, pronto ad assistere ad altri colpi di scena.