La Juve supera la Lazio e si avvicina allo Scudetto, Toro ko a Firenze
Un Toro troppo presto appagato e rilassato oltre misura torna vittima dei propri limiti e lascia campo libero alla Fiorentina non riuscendo a eguagliare i grandi del passato. La Juve ritrova la personalità per interpretare e gestire gli scontri decisivi, poi finisce di nuovo per specchiarsi in versione Narciso, ma alla fine riesce a regolare la Lazio e vede sempre più vicino il traguardo del nono scudetto consecutivo. Ancora un turno dai due volti per le squadre torinesi in un campionato che si sta avvicinando a passi veloci verso la sua conclusione, con valori e gerarchie sempre più definite.
Rinfrancato dal fondamentale successo in chiave salvezza contro il Genoa, il Torino ha sbagliato l'approccio alla gara del "Franchi", venendo preso d'infilata da una Viola più pimpante che mai. Granata non pervenuti nei primi quarantacinque minuti di gioco, con inizio da incubo in cui la Fiorentina sfruttava subito per vie centrali le amnesie della difesa avversaria, sbloccando il risultato con la puntata di Kouame deviata da Lyanco alle spalle di Sirigu.
La squadra di Longo, troppo passiva e lenta nelle ripartenze, si mostrava incapace di reagire e fino all'intervallo si assisteva ad un monologo di quella di Iachini, che prendeva possesso della metà campo avversaria mantenendo costantemente l'iniziativa senza correre rischi. Nella ripresa i torinisti avevano almeno un moto d'orgoglio e, grazie anche ai cambi in chiave offensiva effettuati dal loro tecnico, alzavano il baricentro alla ricerca del pari. L'occasione migliore capitava al solito capitan Belotti, ma il suo colpo di testa si infrangeva sulla traversa impedendogli di eguagliare Franco Ossola nella striscia di otto gare consecutive con gol.
La leggerezza nell'impostazione a centrocampo e lo sbilanciamento costavano ad un quarto d'ora dal termine il contropiede con cui Cutrone chiudeva i conti ponendo il sigillo su una sconfitta quasi annunciata dei granata, che ancora una volta hanno palesato scarsa personalità e maturità, non riuscendo a dare continuità ai risultati. L'ultimo Toro a passare a Firenze è stato quello ormai leggendario dello scudetto del '76. Basta questo dato statistico per chiarire come il glorioso passato e l'opaco presente siano distanti anni luce, con il bagliore in fondo al tunnel difficile da scorgere e pesanti incognite sul prossimo mercato. Intanto, i granata dovranno cercare riscatto mercoledì sera nell'impegno casalingo contro l'ostico Hellas Verona.
Attesa da un nuovo, forse decisivo, snodo cruciale della stagione, la Juventus è riuscita a ritrovare il carattere e, almeno sino alle concitate battute finali, la serenità per incanalare sui propri binari il confronto con la Lazio. Gara tutt'altro che agevole quella contro la pur rimaneggiata compagine di Simone Inzaghi. Esasperato tatticismo nel primo tempo, dove allo schieramento giocoforza coperto dei biancocelesti faceva riscontro lo sterile dominio territoriale dei bianconeri, il cui possesso palla era privo del ritmo e dell'incisività necessari a fare breccia nel muro avversario. Unici spunti di rilievo la girata di testa di Alex Sandro su azione d'angolo che si spegnava sul palo e la sgroppata del ritrovato Rabiot, mentre l'eccesso di sufficienza di Bentancur in fase di transizione e l'apatia di Bonucci in chiusura (difetti ormai cronici della stagione juventina), rischiavano di combinare la frittata prima dell'intervallo, ma il montante salvava la Vecchia Signora dalla fucilata di Immobile.
Solo gli episodi potevano sbloccare un confronto dal simile canovaccio tattico, come puntualmente avveniva ad inizio ripresa, quando la capolista faceva ancora una volta ricorso ai guizzi dei suoi campioni. Nel giro di tre minuti Ronaldo risultava prima implacabile dal dischetto (nella foto di Ansa.it), poi finalizzava il contropiede iniziato con lo scippo di Dybala ai danni del "tenero" Luiz Felipe, che dopo aver avviato il trionfo laziale all'andata rischia ora per curiosi giochi del destino di trasformarsi nel killer degli sfumati sogni di gloria biancocelesti.
A differenza del recente passato, la squadra di Sarri, favorita anche dall'evidente calo di energie degli avversari, sembrava controllare agevolmente e con maggiore attenzione la situazione, ma commetteva di nuovo l'errore di non archiviare la pratica (troppo poco determinati il portoghese e il talento argentino sotto porta). Il pericolo era in agguato e l'inspiegabile indecisione di Bonucci sul lanciato Immobile consentiva al centravanti biancoceleste di riaprire l'incontro dagli undici metri riagguantando Ronaldo in vetta alla classifica dei cannonieri.
Nel finale gli juventini tornavano a vedere le streghe perdendo d'un colpo sicurezze che dovrebbero essere consolidate. Solo la splendida parata di Szczesny che toglieva dal "sette" la punizione di Milinkovic-Savic evitava un'altra beffa, regalando forse lo scudetto ai bianconeri.
Nelle restanti quattro partite, a cominciare da giovedì sera a Udine, la Juventus dovrà farsi più bonipertiana che mai ("Vincere è l'unica cosa che conta"): incamerare prima possibile senza badare all'estetica i quattro punti che la separano dal titolo e concentrarsi sulla Champions League, dove però con i cali di tensione e le amnesie mostrate nelle ultime uscite rischia di fare poca strada.