Prezioso pari del Toro col Verona, la Juve cade a Udine

Un Toro prima timido poi più aggressivo e convincente blocca il brillante Verona e fa un altro passo verso la tranquillità, mentre la Juve crolla clamorosamente ad Udine, manca il primo match point scudetto e lascia irrisolti gli interrogativi sulla propria personalità.
In un turno di campionato avaro di soddisfazioni per le due torinesi, solo i granata riescono ad abbozzare un sorriso. Primo tempo di sofferenza contro gli scaligeri di Juric, che fanno la partita con pressing alto e dinamismo, mentre la squadra di Longo fatica ad uscire dalla propria metà campo ed a ripartire. L'unica soluzione offensiva praticabile sembrano i lanci in profondità a scavalcare il centrocampo per mettere in moto Belotti e Zaza, che quasi sempre si perdono nelle maglie della difesa gialloblù. Il reparto arretrato comunque regge e il nulla di fatto al riposo rispecchia quanto espresso in campo dalle due contendenti.
Al rientro dopo l'intervallo il Toro torna vittima delle proprie ingenuità e Nkoulou regala a Borini il rigore del vantaggio veronese. Punta nell'orgoglio e con la necessità di recuperare, la squadra di Longo si scrolla di dosso apatia e timori e grazie anche all'innesto di Berenguer passa ad un atteggiamento più offensivo (una sorta di 4-2-4 duttile) avanzando il baricentro e cogliendo il meritato pareggio con un guizzo da centravanti vero di Zaza (fino a quel momento impalpabile) su perfetto suggerimento di Ansaldi.
Nella parte finale della gara erano ancora i granata a farsi preferire, cercando con maggiore convinzione la vittoria, mentre i veneti cominciavano ad accusare la fatica e forse si accontentavano inconsciamente del pareggio. Solo l'ennesimo legno colpito in questa stagione negava in pieno recupero la gioia del gol a Belotti ed il successo alla squadra di Longo, che comunque muove la classifica prima di andare a cercare la matematica salvezza domenica sul campo della Spal.
Il capitolo Juve ha aspetti sempre più incredibili e sconcertanti. Palesando una chiara mancanza di personalità e determinazione agonistica, o se lo si vuole vedere sotto un'altra ottica un presuntuoso eccesso di sufficienza che non dovrebbe appartenere ad una grande squadra, i bianconeri non riescono ad approfittare dei generosi regali altrui (leggi nuovo pareggio dell'Inter) e falliscono la prima occasione per chiudere i giochi scudetto.
Il cinismo e la fame di vittorie dei tempi di Conte e Allegri sembrano ormai uno sbiadito ricordo e la Vecchia Signora dà sempre più l'impressione di essere un'accozzaglia di grandi giocatori slegati però tra loro, che evidentemente ritengono di poter arrivare ai risultati semplicemente in virtù del proprio, appannato, blasone. L'incomunicabilità con Sarri è chiara, così come l'incapacità (o la mancanza di convinzione) di applicare il credo tattico del mister. In un campionato che assomiglia sempre di più ad un torneo di carte di "scopa al meno", solo le qualità individuali unite alla ricchezza della rosa e alla manifesta inadeguatezza della concorrenza stanno permettendo alla Juventus di guardare ancora tutti dall'alto.
I bianconeri, in grave difficoltà nella gestione delle gare, sempre più affetti da preoccupanti amnesie difensive ed inspiegabilmente spaesati in troppi momenti chiave delle partite, si stanno trascinando per forza d'inerzia. C'è da augurarsi che una reazione nervosa consenta loro di chiudere i conti quanto prima, altrimenti la sindrome da "braccino corto" di cui ha sofferto il loro allenatore nell'esperienza napoletana può dilagare e il rischio di crollare in vista del traguardo divenire tremendamente concreto.
La partita di Udine è stata emblematica di questa situazione. Svarione difensivo con autopalo di Danilo, poi sterile possesso palla nella metà campo avversaria con ritmi soporiferi ed eccessiva ricerca della giocata nello stretto contenuta senza affanni dagli accorti ed ordinati friulani. Il gol arrivava di nuovo da uno spunto individuale con il pressing alto di De Ligt finalizzato da un fendente dal limite.
Messa in discesa la gara e con lo scudetto ormai in pugno, nella ripresa per la Juve si spegneva ancora una volta la luce. Invece di amministrare e cercare di chiudere i conti, la squadra di Sarri restava prigioniera della sua monotematica idea di gioco e lasciava campo al ribaltamento di fronte al termine del quale il volo d'angelo di Nestorovski ristabiliva la parità. Nella circostanza inguardabile il posizionamento difensivo bianconero.
Nel prosieguo, opachi tutti gli interpreti juventini e stucchevoli i tentativi di far breccia nella retroguardia friulana, mentre la squadra di Gotti prendeva coraggio, cresceva avanzando il baricentro e finiva per assumere il controllo del gioco. In pieno recupero arrivava addirittura la beffa, pesantissima sotto il profilo psicologico, con la cavalcata di pura potenza, ancora in contropiede, dell'imprendibile Fofana.
Domenica sera seconda opportunità per Ronaldo e compagni di cucirsi lo scudetto sulle maglie. La voglia di rivalsa della Sampdoria e l'andamento schizofrenico delle ultime prestazioni bianconere, consigliano di evitare di addentrarsi in qualsiasi pronostico.
Fotografia: www.torinofc.it
