La Juve conquista il 9° scudetto consecutivo, il Toro è salvo
La Juventus soffre ma alla fine riesce a tagliare il traguardo dello storico nono scudetto consecutivo chiudendo i conti con due giornate d'anticipo nel campionato più surreale mai vissuto dal calcio italiano, mentre il Torino conquista senza infamia e senza lode il punto necessario alla matematica salvezza e manda in archivio una stagione con troppe ombre e poche luci, che apre ora interrogativi sul mercato e su un possibile passaggio di proprietà. Domenica di festa, quindi, per le due torinesi di serie A.
I bianconeri sono arrivati alla meta come un maratoneta stremato, ma sono riusciti a ribadire il loro dominio all'interno dei patri confini, favorito da un organico di ampiezza e qualità superiori ad una concorrenza apparsa ancora lontana dal poter colmare il divario che la separa dai campioni d'Italia.
La stagione della Juventus ha avuto aspetti paradossali. Cambiato il timoniere per coniugare lo spettacolo con i risultati, quasi mai la Vecchia Signora è riuscita ad applicare nel concreto la filosofia di gioco di Sarri, vuoi per gli interpreti non ideali per i dettami tattici del mister, vuoi per una ritrosia, forse inconscia, nel cambiare mentalità da parte dei giocatori.
A tenere a galla Madama è stato l'impressionante potenziale offensivo, che al netto di qualche fastidioso eccesso di sufficienza senza cui la strada sarebbe risultata meno impervia, ha comunque permesso di veleggiare, basandosi però più sugli spunti e le giocate di classe individuali (su tutti Ronaldo e Dybala stratosferici), che sulla finalizzazione di una manovra articolata e dall'identità riconoscibile.
A lasciare interdetti le falle mostrate dalla fase difensiva (mai perforata come quest'anno la retroguardia bianconera), un centrocampo spesso in difficoltà nel fare filtro e sovente privo di ritmo e incisività nell'impostazione, e soprattutto la mantalità non più granitica come nel recente passato. Inspiegabili, da parte di calciatorii esperti e dotati di indiscutibile personalità, i cali di concentrazione e le amnesie palesate durante la stessa gara e l'incapacità di gestire situazioni di vantaggio, specie in trasferta, che hanno portato a perdere 18 punti a causa di rimonte subite, a testimonianza di quanto ripetersi nelle vittorie e trovare sempre nuove motivazioni siano una delle cose più difficili nello sport.
Nonostante tutto ciò, la Juventus ha chiuso la fase pre lockdown in testa con un punto di vantaggio sulla Lazio e alla ripresa della stagione, pur al termine di un percorso da montagne russe, ha non solo tenuto a bada la concorrenza, ma addirittura allungato, archiviando la pratica scudetto con largo anticipo. Fondamentali in questi frangenti il carattere nelle difficoltà, l'ampiezza e il livello della rosa e la compattezza dell'ambiente nel perseguire l'obiettivo, mentre le rivali hanno accusato oltremodo i postumi del lungo stop e la ripresa a ritmi frenetici, non riuscendo a trovare continuità (fotografia Virgilio Sport).
La partita con la Sampdoria è stata lo specchio della stagione. Primo tempo di sofferenza di fronte ad un avversario compatto, con difficoltà a trovere sbocchi e creare occasioni e qualche spazio di troppo concesso agli avversari. Vantaggio in extremis grazie all'intuizione di Pjanic e alla stoccata di Ronaldo, quindi denti stretti nella ripresa per ovviare agli infortuni e alla condizione poco brillante, colpo decisivo di Bernardeschi ed eccessiva prodigalità finale (leggi occasioni falliti da Ronaldo e Higuain, salvataggio sulla linea su Bonucci e rigore del portoghese stampato sulla traversa che potrebbe costargli caro nella lotta con Immobile per il titolo di capocannoniere) prima dell'epilogo festoso.
La Juventus dell'era Sarri rimane comunque un cantiere aperto e, salvata la stagione con almeno un titolo riposto in bacheca, può valere la pena proseguire nella strada intrapresa, dato che tecnico e giocatori hanno fornito, specie negli ultimi mesi, segnali di convergenza, ammesso che la dirigenza fornisca all'allenatore giocatori di qualità adatti alla sua filosofia di gioco. Per il futuro, a partire dall'ennesimo assalto alla Champions che comincerà il 7 agosto con il tentativo di rimonta sul Lione, bisognerà assolutamente trovare solidità difensiva, concentrazione massima e spietatezza realizzativa, specie in campo internazionale. Antipasti da gustare in tutto relax, gli ultimi due impegni di campionato contro Cagliari e Roma.
Anche il Torino può sorridere e sciogliere la tensione dopo avere centrato il suo obiettivo minimo stagionale. A Ferrara, data la precedente, rocambolesca sconfitta del Lecce a Bologna, bastava un punto e un punto è stato. Come troppo spesso accaduto in un'annata iniziata di slancio, poi proseguita con un calo vertiginoso e raddrizzata fra mille difficoltà dopo il cambio di panchina, il bicchiere è mezzo vuoto.
Di fronte alla già retrocessa Spal, mister Longo ha proposto uno schieramento molto offensivo con Berenguer esterno di centrocampo a destra e Verdi, particolarmente ispirato, a supportare Belotti e Zaza in attacco. Il primo tempo aveva i tratti del monologo color granata, ma nonostante la lunga pressione il Toro mancava di ritmo nel giro palla ed incisività e non riusciva a passare.
La squadra di Longo era più determinata in avvio di ripresa. Verdi dapprima si vedeva negare dal palo la gioia del gol, quindi la gustava con uno splendido sinistro a giro sul palo lontano, sua specialità della casa. Partita in discesa, ma fra i torinisti affioravano di nuovo i difetti che ne hanno condizionato la stagione. Zaza si faceva ipnotizzare dall'esordiente Thiam, quindi Verdi e Berenguer non concretizzavano e a dieci minuti dal termine arrivava la beffa, con la palla persa ingenuamente a centrocampo da Meite e la verticalizzazione di Dabo per D'Alessandro che prendeva d'infilata la difesa avversaria trafiggendo Sirigu.
I restanti minuti erano utili solo per il conto alla rovescia verso il traguardo salvezza tagliato con il minimo sforzo. Roma in casa e Bologna in trasferta le tappe conclusive di un'annata tribolata da chiudere almeno dignitosamente, poi spazio agli scenari futuri. Mercoledì dovrebbe uscire allo scoperto una cordata capeggiata da un imprenditore torinese intenzionata a rilevare la proprietà del club da Urbano Cairo, possibile primo passo di un nuovo assetto societario con inevitabili ricadute sul mercato e la costruzione del prossimo Toro.