Juve e Toro si congedano mestamente dalla serie A 2019-2020
Le due torinesi salutano il campionato in tono minore, con la Juventus che rimedia un'altra figuraccia rovinando la festa scudetto tra le mura amiche, mentre il Torino fa il minimo sindacale per tornare almeno imbattuto da Bologna e proiettarsi senza indugi verso la prossima stagione dopo essere stato una delle maggiori delusioni di questo torneo.
Nel campionato più surreale della storia del calcio italiano, durato qusi un anno solare causa Covid, si è vista la peggiore Juventus del recente passato. Paradossale se si tiene conto che i bianconeri si sono cuciti sulla maglia il nono scudetto consecutivo, ma vero, con la concorrenza che si può mangiare le mani per la grossa occasione sprecata e meditare sul divario che ancora la separa dalla Vecchia Signora nonostante i tangibili passi avanti compiuti.
Chiamato per portare gioco e spettacolo oltre ai risultati, Sarri non è riuscito nell'intento, anche a causa di un mercato piovutogli sulla testa dall'alto e della presenza di troppi giocatori inadatti a sviluppare i suoi dettami tattici e poco inclini, nonostante l'accettazione di facciata, a calarsi mentalmente nel tanto atteso cambiamento. A salvarlo le giocate individuali dei suoi fuoriclasse (Ronaldo e Dybala su tutti assieme alle parate di Szczesny) e una rosa più ampia e di maggiore qualità rispetto alle rivali, che ha fatto la differenza soprattutto nelle prime partite dopo il lockdown. Per il resto difesa da ricostruire, soprattutto sugli esterni, con De Ligt sola nota lieta, così come il centrocampo, privo del passo e del fosforo necessari a condurre le danze, specie in campo internazionale. Coperta corta in attacco, dove manca un vero e proprio centravanti (Higuain impiegato part time con problemi di coesistenza con i compagni di reparto e quasi sicuro partente), mentre Douglas Costa e Bernardeschi hanno deluso rivelandosi inaffidabili.
A lasciare interdetti è stato poi il progressivo venire meno della "fame" di vittorie e della mentalità da grande squadra. Troppe volte i bianconeri hanno sbagliato l'approccio alla gara oppure staccato la spina pensando di avere già vinto la partita. A testimoniarlo le 9 rimonte subite con 21 punti gettati al vento da situazioni di vantaggio, le 7 sconfitte incassate (eguagliando il "primato negativo" per quanto riguarda le Juventus scudettate stabilito dalla squadra di Lippi nel 1994-'95) e i "soli" 83 punti con una misera lunghezza di vantaggio sulla seconda classificata (peggior riscontro nei trionfi della presidenza di Andrea Agnelli).
Come nella passata stagione, per la Juventus la vittoria è diventata una chimera dopo avere conquistato matematicamente lo scudetto (altro indice della mancanza di personalità e di orgoglio da grande squadra), con l'aggravante quest'anno della stecca finale casalinga che ha fatto cadere dopo oltre due anni il record di imbattibilità in campionato dell'Allianz Stadium, consentendo alla Roma di espugnarlo per la prima volta.
Poco da commentare sulla partita contro i giallorossi. Gara dal tenore quasi amichevole fra due squadre che non avevano più nulla da chiedere al torneo, in cui i bianconeri sono rimasti in campo cinque minuti fino al vantaggio di Higuain, lasciando poi spazio alla voglia dei romanisti di ben figurare e di conquistare la platonica imperesa. Orrori in serie della Vecchia Signora, dall'errato e molle piazzamento difensivo sul pareggio di Kalinic all'ingenuità di Danilo in occasione del rigore di Perotti, a centrocampo e difesa presi di infilata dalla sgroppata di Zaniolo che ha propiziato la rete che ha chiuso la partita. Troppo poco sull'altro fronte il palo colpito da Ramsey, mentre i capitolini si sono imposti anche nella sfida fra i giovani talenti lanciati in campo. A stridere con la figuraccia fatta sul terreno di gioco la successiva gioia, seppur contenuta, della cerimonia di premiazione.
Venerdì altra chiave di volta della stagione con il ritorno degli ottavi di finale di Champions League contro il Lione. I presupposti di partenza per la rimonta non sono confortanti e in caso di fiasco potrebbero aprirsi scenari fino a qualche settimana fa impensabili.
Pari e patta a Bologna per il Torino, che almeno non ha chiuso a mani vuote uno dei peggiori campionati della sua storia recente. Partiti di slancio e con ben altre ambizioni dopo la positiva quanto sfortunata avventura nei preliminari di Europa League, i granata hanno tenuto inizialmente fede alle aspettative, poi i limiti di un organico forse sopravvalutato e che sfuggiva progressivamente di mano al proprio tecnico, incapace di dare alla squadra un gioco efficace nonostante la sagacia nella lettura delle partite, sono cominciati ad emergere provocando a cavallo dell'anno nuovo un filotto di risultati negativi che ha portato all'esonero dell'allenatore toscano.
Chiamato al capezzale del Toro, il "ragazzo del Filadelfia" Moreno Longo ha cercato di salvare il salvabile per traghettare la squadra verso la salvezza. Pur tra mille difficoltà, nella ripresa estiva post Covid i granata sono riusciti a centrare le fondamentali vittorie negli scontri diretti con Udinese, Brescia e Genoa, conquistando, seppur con poca gloria e grazie anche all'andamento al rallentatore delle concorrenti, l'obiettivo minimo della salvezza.
Simbolo di un'annata storta le 20 sconfitte subite e le 68 reti incassate. Da salvare lo straordinario rendimento di Sirigu (che potrebbe ancora fare un pensierino alla maglia azzurra), la certezza di Izzo e la crescita di Brener in una difesa distratta e dalle maglie troppo larghe, gli spunti sulle corsie esterne di Ansaldi e De Silvestri e l'encomiabile capitan Belotti, che si è sempre preso la squadra sulle spalle, non solo in fase realizzativa. Troppa quantità e poca qualità a centrocampo, discontinui i trequartisti Verdi e Berenguer, così come la spalla d'attacco Zaza.
Un tempo a testa a Bologna. Frazione d'avvio di marca rossoblu, in cui i felsinei sbloccavano meritatamente il risultato con Svanberg, complice l'incertezza dell'esordiente Rosati, ed i granata, troppo passivi nonostante lo schieramento con quattro giocatori d'impronta offensiva, che non riuscivano mai a rendersi pericolosi.
Ripresa di stampo torinista, in cui la squadra di Longo mostrava un piglio migliore e conquistava il pareggio con la perla al volo di Zaza su pregevole suggerimento di Verdi. Ultimo quarto di gara di pura accademia, in cui le due formazioni si accontentavano del punto e il Toro regalava al diciottenne Celesia la soddisfazione dell'esordio in serie A.
Adesso occorre voltare in fretta pagina in vista della nuova stagione che dovrebbe iniziare nella seconda metà di settembre. Marco Giampaolo in panchina con giocatori di maggiore qualità rispetto agli attuali e funzionali al suo progetto di gioco, potrebbero essere i punti da cui ripartire.