Derby della Mole: il Toro accarezza l'impresa ma a spuntarla è la Juve

Il Torino sfiora la partita perfetta, accarezza a lungo il sogno, poi si risveglia bruscamente come quasi sempre gli è accaduto da un quarto di secolo a questa parte. La Juventus è inguardabile per almeno 70 minuti ma riesce a scuotersi, replica un copione andato spesso in scena negli ultimi anni e tenendo fede al motto dei propri tifosi ribalta la gara sul filo di lana ribadendo la propria supremazia sotto la Mole. Parafrasando una celebre affermazione di Gary Lineker, bomber inglese degli Anni '80, "Il derby di Torino è quella partita dove si gioca undici contro undici, ma alla fine vincono sempre i bianconeri".
La stracittadina numero 201, al di là dei tre punti finiti in tasca alla squadra di Pirlo, ha aggiunto poco a quanto già non si sapesse dell'attuale situazione di Juventus e Torino, mettendo impietosamente in evidenza soprattutto i difetti delle due compagini, chiamate ad un lavoro ancora lungo e arduo prima di poter vedere il sereno al proprio orizzonte.
Per i granata un'altra cocente delusione, con l'ennesima rimonta subìta in questo sconcertante avvio di stagione ed una sconfitta che, a differenza di quanto dichiarato da mister Giampaolo al termine dell'incontro, non è figlia di dettagli, ma di carenze strutturali e caratteriali che accompagnano i torinisti in maniera costante da ormai troppo tempo.
Per una volta il piano tattico ideato dal tecnico abruzzese era stato perfetto ed aveva funzionato anche favorito, questa volta sì, dagli episodi. Lo schieramento difensivo a cinque aveva chiuso ogni spazio agli avversari, con Lyanco, Nkoulou e Rodriguez che neutralizzavano gli evanescenti Ronaldo e Dybala, mentre sulle corsie esterne l'impeccabile Singo e Ansaldi avevano sovente la meglio su Chiesa e Kulusevski.
Il vantaggio trovato alla prima occasione, in cui l'inedito bomber di giornata Nkoulou approfittava al meglio della dormita della difesa juventina, favoriva il compito di Belotti e compagni, che potevano pure contare sulla reattività dei centrocampisti, in grado quasi sempre di contenere e sovrastare, specie nel contendere le seconde palle, i dirimpettai apparsi decisamente privi di nerbo.
Era dal fronte offensivo che arrivavano le note dolenti e venivano commessi i peccati capitali che sommati alla carenza di personalità sarebbero costati cari al Toro. La mancanza di cinismo (leggi Zaza e Linetty) e la sfortuna (spettacolare sforbiciata di Belotti alta) tenevano in vita la Juve, mentre nella ripresa i granata badavano solo più a contenere, vittime della propria paura di vincere. Il solito, inevitabile, cortocircuito nell'attenzione e nel piazzamento difensivo faceva il resto, e i granata si ritrovavano ancora una volta a leccarsi le ferite al termine di un derby dall'esito beffardo, con un pugno di mosche in mano in una classifica che si fa sempre più preoccupante.
Sul fronte juventino una delle poche cose buone viste è stato il risultato. A lasciare interdetti il nuovo approccio sottotono, quasi svogliato, alla gara, con ritmi bassi, poca determinazione (specie nel settore nevralgico dove ormai nessun interprete pare all'altezza della maglia indossata), circolazione di palla lenta senza verticalizzazioni, scarsa concentrazione nella fase difensiva e la presunzione che basti vestire il bianconero per portare prima o poi a casa i tre punti. In questo quadro a tinte fosche cominciano anche a delinearsi le responsabilità dell'allenatore, che per primo dovrebbe motivare e far tirare fuori ai giocatori la personalità, oltre che dare loro un chiaro indirizzo tattico.
Un solo tiro in porta nella prima frazione (la conclusione "telefonata" di Dybala emblematica dell'attuale stato di forma dell'argentino) e l'imbarazzante senso di vuoto lasciato nell'attacco dall'assenza dello squalificato Morata, sono stati la fotografia di quarantacinque minuti da dimenticare della Juventus.
I capitani servono però a prendere per mano la squadra nei momenti di difficoltà e il discorso di Bonucci nell'intervallo pare avere sortito gli effetti sperati sui compagni, assieme al dinamismo portato dall'ingresso di McKennie. Pur senza incantare, Madama riusciva a farsi più incisiva con qualche giocata in profondità (mai comunque con una trama di gioco organizzata e convincente) e il pareggio di Cuadrado annullato giustamente dal VAR cambiava l'inerzia della stracittadina.
Negli ultimi venti minuti era la Juve a fare leva sul carattere mettendo in campo quel "tremendismo" che nei decenni passati era stato il tratto distintivo dei rivali, i quali, in un curioso copione a parti storiche invertite, si scioglievano davanti alle difficoltà.
Dopo il pareggio del texano (altro goleador-carneade di giornata), i bianconeri continuavano a crederci "fino alla fine", matando il Toro con la stoccata del proprio capitano che faceva tirare un grosso sospiro di sollievo e metteva fieno nella cascina della classifica, senza però fugare i dubbi sulla caratura dell'organico, l'indecifrabile modulo di gioco e le scelte tecnico-tattiche dell'allenatore.
Archiviata una stracittadina avara di contenuti ed emozioni, seppur dall'epilogo rocambolesco, sarà il prossimo turno di campionato a dare indicazioni sulla possibile ripresa del Torino e sulla ricerca della continuità da parte della Juventus. Udinese e Genoa non sono però avversari da sottovalutare.
Fotografia tratta da www.torinofc.it
