Turno da incubo per la Juve, il Toro sfiora l'impresa a Napoli
Martedì da incubo per la Juventus, che perde sei punti in un colpo solo, abdica forse definitivamente dopo nove anni di dominio incontrastato in Italia e al termine del turno prenatalizio si ritrova anche fuori dalla zona Champions, toccando il punto più basso del suo recente passato. Ancora amarezza per il Torino, che sfiora l'impresa a Napoli disputando probabilmente la sua migliore partita stagionale, ma nel finale viene attanagliato dalla solita paura di vincere, si fa raggiungere (23 i punti finora persi dai granata da situazione di vantaggio) e resta malinconicamente solitario sul fondo della classifica. Solo carbone sotto l'albero delle due rappresentanti calcistiche della Mole, per uno dei peggiori Natali sportivi che si ricordi.
I bianconeri scendevano in campo contro la Fiorentina già storditi dallo sconcertante pronunciamento del Collegio di Garanzia del Coni, che ribaltava le sentenze dei due gradi della giustizia sportiva calcistica mandando a rigiocare il confronto col Napoli. Molto pericoloso il precedente creato, che prevarica i regolamenti della Federcalcio (inspiegabilmente assente nella fase dibattimentale dell'ultimo grado di giudizio), di fatto svuota di ogni efficacia i protocolli ratificati fra la stessa FIGC e il Ministero della Salute, suona come insopportabile beffa per le società che ad ogni livello professionistico e dilettantistico sono scese e continuano a scendere in campo nel rispetto di protocolli e regolamenti nonostante le assenze causate dal Covid (si potrebbe quasi parlare di campionato falsato) e mette una volta di più in evidenza la confusione che sta regnando nel nostro Paese nella gestione della pandemia (se l'Asl di Napoli col suo provvedimento era nel giusto, le Asl che hanno permesso alle altre società di andare a giocare hanno violato la legge?).
Fatta questa premessa, i giocatori di Pirlo tornavano ad approcciare l'impegno con un'inqualificabile superficialità mentale, mostrando che l'atteggiamento visto a Parma era stato solo un'illusione. Primo quarto d'ora shock, con repentino vantaggio viola sfruttando il primo orrore della disastrosa serata di Bonucci e Cuadrado giustamente mandato anzitempo sotto la doccia (fotografia: Eurosport).
Sotto di un gol ed un uomo la Juve si affidava agli spunti individuali di Ronaldo (quando è in serata risolutore, più che trascinatore), mentre non convincevano le scelte di Pirlo, che fin dall'inizio invertiva le posizioni dei centrocampisti, quindi sostituiva in maniera affrettata Ramsey con Danilo e dopo l'intervallo lasciava negli spogliatoi Morata (la sola prima punta a sua disposizione) per inserire Bernardeschi.
Con l'ostinazione del portoghese a partire defilato, si otteneva il risultato di non riuscire quasi mai ad occupare l'area avversaria, vanificando, complici gli errori di misura nell'impostazione, anche la generosa pressione attuata nella fase iniziale della seconda frazione.
Altro segnale di un vento ormai cambiato i bianconeri lo avvertivano subendo le decisioni di un signor La Penna in serata no (per usare un eufemismo) assieme ai suoi collaboratori: Borja Valero graziato dal secondo cartellino giallo e due rigori solari non concessi a Ronaldo e Bernardeschi, con la squadra VAR che evidentemente era già andata in vacanza alla fine del primo tempo.
La tragicomica dinamica che portava all'autogol di Alex Sandro, la stilettata finale dell'ex Caceres e l'infortunio muscolare occorso a De Ligt (uno dei pochi a salvarsi) completavano una serata umiliante per la Juve, che tornava a concedere i tre punti sul proprio terreno alla Viola dopo dodici anni ed a perdere tra le mura amiche con tre reti di scarto dopo nove stagioni. Numeri che assieme al -10 dalla vetta danno l'idea di una crisi profonda e conclamata, che costringerà l'ambiente bianconero ad utilizzare la breve sosta di fine anno per leccarsi le ferite nel tentativo di ripartire più in fretta possibile e non compromettere del tutto la stagione.
Se Madama piange lacrime amare, il Vecchio Cuore Granata neanche stavolta riesce a sorridere. La squadra di Giampaolo affrontava la delicata trasferta del "Maradona" con la mentalità giusta, disposta in campo con ordine facendo leva su un 3-5-1-1 che riusciva ad imbrigliare un Napoli spento e farraginoso nella manovra.
Con l'andare dei minuti i granata crescevano in personalità e, pur operando di rimessa, si affacciavano con sempre maggiore convinzione nell'area avversaria. Lukic e Verdi ispiravano un capitan Belotti uomo ovunque, la mediana era efficace nell'interdizione, Singo e Rodriguez positivi sulle corsie esterne, mentre la difesa, in cui spiccava la prova gladiatoria di Izzo, non correva pericoli.
In apertura di ripresa il Toro raccoglieva i frutti della sua prestazione accorta e concreta sbloccando, neppure troppo a sorpresa, il risultato con lo stesso Izzo, estemporaneo goleador di serata. Dopodiché amministrava il vantaggio senza affanni e l'impresa che poteva dare una svolta alla stagione sembrava ad un passo. I soliti difetti erano però in agguato e l'epilogo della partita riservava l'ennesima beffa.
Il triplice cambio a due minuti dal 90', con Vojvoda, Meité e Zaza per Rodriguez, Lukic e Belotti, non immetteva forze fresche ma contribuiva solo a far abbassare la squadra, che nei sei minuti di recupero diventava sempre più timorosa facendosi schiacciare dai disperati partenopei. Al di là della prodezza con cui Insigne agguantava il pareggio, l'azione del gol napoletano era emblematica di un atteggiamento granata troppo passivo, che consentiva fatalmente agli azzurri di triangolare e concretizzare senza ostacoli nell'area avversaria.
Un punto per cui alla vigilia si sarebbe firmato ad occhi chiusi, finiva invece per rappresentare l'ennesima delusione che inchiodava ancora di più il Toro sul fondo della classifica. Dopo la pausa tutte le energie dovranno essere convogliate nell'ardua ma non impossibile impresa di risalire la china ed evitare la retrocessione.