Il Toro ritrova almeno l'anima e dopo tempo immemore un allenatore "sanguigno" che sa trasmettere ai giocatori la carica e l'attaccamento alla maglia, conquista in rimonta con orgoglio e carattere un punto che ha un peso specifico enorme per il morale, seppur non modifichi una posizione di classifica sempre deficitaria, e compie il primo passo nel cammino verso il traguardo finale della salvezza. La Juve rialza la testa, mostra segnali di confortante crescendo nel gioco e nella personalità, alza al cielo la Supercoppa aggiudicandosi il primo trofeo stagionale e regola il Bologna con una prestazione convincente, approfittando dei passi falsi delle rivali per accorciare le distanze dalla vetta. La chiusura del girone d'andata ha riportato il sorriso sui volti delle paladine del calcio sotto la Mole.

Pur avendo preso il timone da pochi giorni, Davide Nicola sembra aver già orientato i granata verso la giusta rotta. A Benevento si sono visti solidità tattica, con il 3-5-2 che diverrà molto probabilmente il modulo standard, e spirito propositivo con fraseggi più rapidi e maggiore ricerca delle verticalizzazioni. Passata la paura dopo il gol dell'ex annullato a Glik su intervento del VAR, i torinisti hanno messo in costante difficoltà i sanniti, salvo tornare vittime dei soliti errori nel quarto d'ora finale della prima frazione, quando i giallorossi avanzavano il baricentro. La distrazione nel posizionamento difensivo e l'ingenuità in uscita di Sirigu regalavano al Benevento il rigore trasformato da Viola grazie al quale la squadra di Inzaghi andava al riposo in vantaggio.

Altro sbandamento arretrato in apertura di ripresa e il Toro vedeva la strega sotto le sembianze di Lapadula, la cui stilettata sembrava chiudere i conti facendo sprofondare gli avversari nel baratro. Invece di farsi folgorare dal cortocircuito, la squadra di Nicola trovava la forza per reagire. In cattedra salivano il rigenerato Zaza, che al di là della doppietta risultava spalla utilissima per Belotti dando peso e profondità maggiori all'attacco, l'encomiabile capitano, ancora una volta alternatosi con successo tra i compiti di prima punta e sontuoso rifinitore, e il "settepolmoni" Singo, non più una sorpresa ma una certezza.

Accorciate subito le distanze e dopo il pareggio giustamente negato dal VAR alla punta lucana per il tocco di mano precedente di Belotti, il tecnico granata puntava sulla qualità in mezzo al campo inserendo il recuperato Baselli, l'ispirato Verdi e l'estroso Gojak, dando un assetto più offensivo allo schieramento e un chiaro segnale ai propri giocatori, che lo recepivano e avevano il merito di credere sino alla fine nella rimonta. Il contropiede da manuale con cui i granata sfruttavano in pieno recupero la leggerezza dei campani in fase di impostazione, era il giusto coronamento ai loro sforzi. L'ultima occasione ancora cercata da Rincon e l'esultanza quasi rabbiosa al termine, con Nicola che "complimentava" e "catechizzava" i suoi giocatori al centro del campo, erano ulteriori segnali di uno spirito e di una determinazione ritrovati, che dovranno guidare i granata nella seconda parte della stagione.

Conquistata la Supercoppa ai danni del Napoli al termine di una gara a lungo equilibrata e dall'epilogo rocambolesco, che spazzava in parte dalla mente dei bianconeri i fantasmi nerazzurri, la Juve si è rituffata nel campionato digerendo dopo un pranzo abbastanza gustoso il per nulla tenero Bologna. Nella circostanza la squadra di Pirlo (per la seconda volta consecutiva in casa in abito blu omaggiando il marketing) si faceva apprezzare per una ritrovata compattezza difensiva, con Szczesny sempre attento (anche sui tentativi di autorete dei campagni), la coppia "usato sicuro" Bonucci-Chiellini che annullava le puntate centrali di Barrow e Soriano, mentre sulle fasce Cuadrado e Danilo contenevano le incursioni di Vignato e Orsolini appoggiando con costanza l'azione offensiva.

Il settore nevralgico aveva in McKennie (nella foto di jmania) il protagonista assoluto con dinamismo, incursioni e tempismo degni dei migliori Tardelli e Marchisio; Arthur e Bentancur agivano in posizione "sfalsata" agevolando il recupero della sfera e l'impostazione, stonava invece Bernardeschi, che eseguiva sulla sinistra il proprio compitino senza brillare.

Il ritmo della Juve era superiore alle precedenti apparizioni e la manovra avvolgente con tentativi di cross, alternata alla giocata dalle retrovie con le punte Ronaldo e Kulusevski che venivano incontro a fare da sponda per favorire il successivo inserimento dei centrocampisti, mettevano in costante apprensione la difesa felsinea.

Il risultato veniva però sbloccato solo grazie ad un tiro dal limite (soluzione che i bianconeri dovrebbero praticare più spesso) di Arthur deviato imparabilmente da Schouten e l'eccessiva prodigalità sotto porta (clamorose le occasioni fallite da Bernardeschi e Cuadrado) dava al vantaggio juventino una dimensione ristretta all'intervallo.

Il calo di tensione (altro difetto congenito) sommato al maggior piglio del Bologna, facevano correre nel primo quarto d'ora della ripresa più di un brivido lungo la schiena della Vecchia Signora. Pirlo leggeva però bene la partita correva ai ripari gettando nella mischia Morata (al momento unica prima punta in organico), che dava subito profondità all'azione. Skorupski, migliore in campo tra i rossoblu, si salvava in un paio di circostanze, ma nulla poteva sul colpo di testa del giovane texano, che di fatto chiudeva la gara.

Negli ultimi venti minuti la Juve manteneva il controllo dell'iniziativa con molto possesso palla nella metà campo avversaria, mentre il portiere bolognese vinceva la sua personale sfida con gli avversari impedendo al punteggio di assumere dimensioni più vistose. Ultima nota positiva la porta bianconera rimasta inviolata e il ritorno in campo di De Ligt e Demiral, suggello di un successo che ha riavvicinato la Juve alla vetta.