La Juve vince la sfida con la Roma, rimonta di altri tempi per il Toro
Il Vecchio Cuore Granata prima mette a repentaglio le coronarie dei suoi tifosi, poi torna a pulsare forte e dà vita a una rimonta d'altri tempi che rimarrà in qualche modo storica. La Juve camaleontica ingabbia la Roma e prosegue nel migliore dei modi il suo ciclo di ferro, completando un sabato di campionato dal segno decisamente positivo per il pallone sotto la Mole.
Sgomento, sofferenza e gioia finale inattesa sono i tre sentimenti provati dagli appassionati granata in un pazzo pomeriggio che ha visto la squadra di Nicola rischiare l'osso del collo sulle montagne russe del campo di Bergamo, da cui è riuscita tuttavia ad uscire con un largo sorriso sulle labbra.
Il solito atteggiamento tattico coperto, con difesa a cinque per occupare e chiudere gli spazi, squadra bassa e iniziativa lasciata agli avversari, veniva fatto saltare dal ritmo, dalla tecnica e dagli inserimenti degli atalantini, che mandavano fuori tempo ogni tentativo di pressione granata, umiliando gli avversari con tre reti nei primi venti minuti (siglate oltretutto in sette soli giri di lancetta) e girando il coltello nella piaga di una retroguardia che stenta ancora a trovare le misure e a mantenere alta la concentrazione, e il cui estremo baluardo mostra crepe sempre più preoccupanti.
Preso inizialmente a ceffoni, costante di questa fase del campionato, e con il fantasma del tracollo della scorsa stagione che stava tornando a materializzarsi, il Toro aveva il merito di non abbattersi e facendo leva sul suo ritrovato carattere cominciava a sfruttare gli spazi concessi dalla supponenza dell'Atalanta, che staccava la spina pensando di aver ormai archiviato la pratica. Il salvataggio sulla linea sull'incursione di Murru, il gesto di fair play di Belotti, la determinazione dello stesso capitano nel ricacciare in rete la palla dopo il rigore fallito e il tocco ravvicinato di Bremer seguito alla pazzesca carambola traversa-palo sul tiro di Mandragora, rappresentavano il crescendo che riapriva la partita già prima dell'intervallo.
Spirito d'altri tempi, lotta e sagacia tattica del tecnico erano le chiavi che consentivano ai torinisti di completare l'opera nella ripresa. Nel contesto di una gara combattuta, sempre più fisica, con qualche comprensibile errore su ambo i fronti ed un legno centrato per parte che manteneva il risultato appeso ad un filo, Nicola puntava ancora sulla qualità dei cambi, passando al 3-4-1-2 con Ansaldi e Baselli che alzavano il tasso tecnico della mediana (in cui era positivo anche l'esordio di Mandragora) e Verdi a rifinire dietro le punte, dove la freschezza di Bonazzoli faceva rifiatare Zaza. Proprio una combinazione su calcio piazzato tra Verdi e Bonazzoli confezionava la rete dell'incredibile quanto meritato pareggio e nel finale il Toro spingeva addirittura alla ricerca del clamoroso sorpasso, lasciando basiti i presuntuosi giocatori di Gasperini.
Mossa ancora la classifica ed usciti dalla zona retrocessione, i granata dovranno cercare ora di non dover andare sempre in svantaggio prima di cominciare a giocare (a differenza di quanto accadeva nel girone d'andata, dove la rimonta subìta era una costate), trovando il punto d'equilibrio e aggiungendo la vittoria a prestazioni già confortanti, a cominciare dal prossimo delicato impegno casalingo contro il Genoa.
Una Juventus in versione camaleonte torna all'antico, perde forse qualcosa in spettacolarità ma ritrova una solidità che non si vedeva da tempo, incarta una Roma fumosa e poco efficace, e con una gran dose di concreto cinismo prosegue la sua marcia di avvicinamento al vertice.
Le avvisaglie del nuovo atteggiamento tattico si erano già viste nella semifinale d'andata di Coppa Italia con l'Inter, dove i bianconeri, dopo aver ribaltato in maniera spietata il risultato, hanno abbassato il baricentro ed eretto un muro difensivo invalicabile per i nerazzurri. Stesso copione contro i giallorossi sabato all'ora dell'aperitivo, con iniziativa lasciata agli avversari, fase difensiva molto bassa e linee strette guidate dall'esperienza dei "pretoriani" Bonucci e Chiellini che hanno conferito solidità (anche mentale) a tutto il reparto, recupero palla e immediate verticalizzazioni manovrate che hanno esaltato le qualità balistiche del rigenerato e implacabile Ronaldo (per lui gol, traversa e portiere costretto a superarsi nella sola prima frazione).
La squadra di Pirlo continuava a vestire i panni tattici che hanno fatto la fortuna di Allegri anche nella ripresa, dove Szczesny risultava, fuorché in un'occasione, spettatore non pagante, i bianconeri chiudevano ogni varco difendendo ai limiti (se non addirittura all'interno) della propria area denotando capacità di soffrire senza correre rischi, mentre il tecnico bresciano azzeccava i cambi e l'accoppiata Cuadrado-Kulusevski confezionava l'azione che portava all'autorete del raddoppio (nella foto di Eurosport) nell'unica circostanza in cui la Juve si affacciava nell'area avversaria durante la seconda frazione.
In una prestazione nel complesso positiva, stridono l'atteggiamento troppo passivo per lunghi tratti dell'incontro e l'eccessiva difficoltà a rilanciare l'azione uscendo dal proprio fortino vista specie nella ripresa, dovuta alla smisurata lentezza nell'impostazione di Arthur e Rabiot e ad una squadra che si è abbassata sempre di più col passare dei minuti.
Difesa solida e contropiede manovrato sembrano essere quindi tornati due punti di forza della Vecchia Signora, di cui non dovrà però abusare nel ritorno di Coppa Italia con l'Inter (gara dall'andamento e dall'esito per nulla scontati) e nella successiva trasferta di campionato di Napoli, dove per venire a capo degli avversari la squadra di Pirlo avrà anche bisogno di riprendere in mano il controllo delle operazioni.