La Juve affonda col Milan. Pari in trasferta del Toro con il Verona
La premiata ditta Ansaldi-Vojvoda stava per concedere il bis e regalare al Toro il successo della salvezza, ma i granata si distraggono sul più bello facendosi agguantare dal Verona e devono rimandare il momento in cui tirare definitivamente il fiato. La Juve cola a picco contro il Milan, compromette forse in maniera definitiva una stagione già di per sé fallimentare e vede profilarsi all'orizzonte scenari da brividi che pongono interrogativi inquietanti sul suo futuro. Altro turno di campionato di sofferenza per le due rappresentanti calcistiche all'ombra della Mole.
Pomeriggio tutto sommato tranquillo per la squadra di Nicola al Bentegodi. Il tecnico torinista imposta la solita classica gara di contenimento con l'obiettivo minimo di uscire indenne dal campo, non disdegnando di provare ad aggiudicarsi di rimessa l'intera posta. Saldo il pacchetto arretrato, con Sirigu decisivo tra i pali e Buongiorno che rilevava Izzo affiancandosi a N'Koulou e Bremer, mentre sulle corsie esterne Vojvoda e Ansaldi si alternavano nelle due fasi. Lucida ancora una volta la regìa di Mandragora a centrocampo, supportato da Rincon e Verdi; meno brillanti del solito i terminali offensivi Belotti e Sanabria.
La prima frazione scorreva all'insegna dell'equilibrio anche nel computo delle occasioni, con il portiere granata provvidenziale su Salcedo e Ilic che alzava oltre la traversa la conclusione di Ansaldi. Dopo l'intervallo il Toro continuava ad amministrare il prezioso punto contenendo la pressione scaligera senza troppi affanni. Nel finale gli innesti di Lukic e Baselli alzavano il tasso qualitativo del settore nevralgico e quelli di Bonazzoli e Zaza davano nuova linfa e profondità all'attacco.
La formazione di Nicola avanzava così il proprio baricentro e dopo essere andata vicina al vantaggio con le verticalizzazioni in contropiede di Belotti e Bonazzoli, lo coglieva con cinismo a cinque minuti dallo scadere grazie alla replica dell'azione già vincente contro il Parma, che consegnava di nuovo all'esterno kosovaro la palma di marcatore di giornata.
L'esultanza dei granata aveva il sapore della festa per un traguardo finalmente tagliato, ma l'eccessiva euforia giocava loro brutti scherzi facendoli deconcentrare e la beffa arrivava puntualmente nel giro di centottanta secondi sotto forma dell'imparabile sinistro dal limite di Dimarco, che finalizzava un'azione in cui i torinisti si facevano trovare colpevolmente impreparati.
Dati i risultati delle concorrenti, il pareggio conquistato contro i gialloblu è un nuovo passo verso la salvezza, ma altri, forse decisivi, andranno compiuti a partire dalle prossime partite contro Milan e Spezia
Notte fonda in casa Juventus. Contro il fiammeggiante diavolo rossonero la Vecchia Signora ha toccato il punto più basso di una stagione sinora fallimentare, che ha messo impietosamente in evidenza un volto profondamente solcato da rughe solo in parte nascoste in precedenza dalle individualità.
Dopo una partenza positiva solo sul piano del ritmo, Madama si è progressivamente squagliata come neve al sole di fronte alla crescita milanista. Incerto Szczesny (riscattatosi in parte col rigore parato a Kessie), il disastroso Chiellini e l'ancora acerbo De Ligt tamponavano alla meno peggio sull'evanescente Ibrahimovic e Chalanoglu, ma andavano in tilt, come i compagni del centrocampo, davanti al galleggiare tra le linee dell'indemoniato Brahim Diaz, chiave di volta tattica azzeccatissima da Pioli.
Inguardabile per l'ennesima volta il settore nevralgico, con gli svagati e imprecisi Rabiot e Bentancur sovrastati sul ritmo dagli avversari e privi del fosforo e della personalità necessari ad imbastire la manovra. Non pervenuti Chiesa e McKennie, in costante difficoltà sugli esterni Cuadrado e Alex Sandro, oggetti misteriosi Ronaldo e Morata.
La rete incassata nel recupero della prima frazione (avventato in uscita Szczesny, "tenero" Cuadrado in chiusura) metteva quasi la parola fine al confronto con quarantacinque minuti di anticipo. Dopo l'intervallo, una Juve da encefalogramma piatto riusciva a produrre una sola verticalizzazione con lo scambio Morata-Bentancur sventato da Donnarumma, poi, svuotata di ogni motivazione, confusa, su una lunghezza d'onda diametralmente opposta a quella del proprio allenatore, si consegnava agli uomini di Pioli non avendo un sussulto neanche dopo il rigore parato dal proprio portiere che l'avrebbe potuta tenere in partita.
Andava così in scena il monologo del Milan, squadra questa sì con identità, voglia e idee chiare, mentre la Juve andava incontro ad una disfatta dalle dimensioni e dalle conseguenze clamorose. L'imbucata subita in occasione del raddoppio di Rebic e la difesa modello "belle statuine" sull'inzuccata di Tomori (l'esultanza nella foto di Eurosport), il quale trasformava in gol con una facilità disarmante un calcio piazzato proveniente dalla trequarti che, come insegnano i manuali, dovrebbe essere sempre preda dei difensori, sono la testimonianza più lampante di un gruppo ormai smarrito, senza capo né coda, le cui redini non sono più (o non lo sono mai state) nelle mani dell'allenatore, il quale ha pagato la propria totale inesperienza.
La partita che avrebbe dovuto rilanciare i bianconeri in zona Champions si è invece trasformata in quella che forse li ha definitivamente esclusi, sancendo il fallimento dell'azzardo di una dirigenza che nel corso degli anni ha collezionato errori su errori perdendo la bussola, illusa dal filotto di successi inanellato nel corso di stagioni irripetibili.
Difficile pensare che nelle tre partite rimanenti la Juve possa risalire la china e sopravanzare avversari che stanno girando a mille. L'uscita dall'Europa che conta, non escludendo possibili, clamorose sanzioni da parte di UEFA e FIGC per la vicenda Superlega, produrrebbe conseguenze simili a quelle di un terremoto, con una rivoluzione e un ridimensionamento di società e gruppo squadra, che potrebbero richiedere anni prima dell'inizio della risalita verso i vertici del calcio italiano ed europeo.