Weekend nero per Juve e Toro: doppio ko con le toscane

Toscane indigeste per le due torinesi del pallone, che escono con le ossa rotte dal confronto con la sorprendente matricola Empoli e la già convincente Fiorentina, arrivando alla prima pausa del campionato clamorosamente ancorate al fondo della classifica dopo la deflagrazione di tutte le loro carenze strutturali e mentali.
La Juventus, "sedotta e abbandonata" da Cristiano Ronaldo, che con il suo cannibalizzare ogni cosa nelle tre stagioni in bianconero ha coperto anche le magagne di una rosa progressivamente impoverita nel tempo e gli errori strategici di una dirigenza non sempre apparsa all'altezza di quelle che l'avevano preceduta, ha fornito contro la frizzante banda di Andreazzoli una delle peggiori prestazioni delle ultime annate, consentendo agli azzurri empolesi di scrivere il loro nome nell'albo delle quindici formazioni che sinora hanno violato il terreno dello Stadium nei dieci anni dalla sua inaugurazione.
L'irriconoscibile squadra di Allegri è risultata sufficiente solo nei primi venti minuti (ricalcando quanto già visto a Udine), sfiorando la rete in due circostanze comunque frutto di altrettante iniziative individuali dell'encomiabile Chiesa, uno tra i pochi a salvarsi dal naufragio juventino.
Dopodiché la luce si spegneva. Alla prima occasione l'Empoli passava in vantaggio con una facilità irrisoria affondando per merito del carneade Mancuso il dito nella piaga dell'ormai cronicamente perforabile fase difensiva bianconera e la Juve andava in confusione diventando vittima della frenesia, palesando una carenza di personalità e una fragilità mentale che da troppo tempo stanno attanagliando anche la "vecchia guardia".
Cortocircuito che aveva colpito in partenza anche le idee tattiche del "disperato" tecnico di Madama, alla vana ricerca di una assetto che potesse sopperire alla povertà e all'inadeguatezza dell'organico, specie nel settore nevralgico. Il responso del campo l'ha impietosamente bocciato: nulli in fase di contenimento e poco efficaci in quella propulsiva Cuadrado e Alex Sandro, svagato Bonucci, fallito l'esperimento di affidare le chiavi del gioco a Danilo, mal supportato dall'evanescente Rabiot e dal macchinoso Bentancur.
In avanti, poco comprensibile la scelta di schierare McKennie nel ruolo di trequartista incursore (non ne ha né le qualità tecniche, né le caratteristiche tattiche) alle spalle di un Dybala lezioso, ancora una volta in versione "tanto fumo e poco arrosto", sempre lontano dal compiere il salto di personalità per diventare leader nonostante la partenza dell'ingombrante Cristiano Ronaldo. Discorso a parte per Chiesa, inascoltato predicatore nel deserto.
Nella ripresa Allegri tornava sui suoi passi gettando nella mischia Morata, con la speranza di trovare un centravanti che occupasse l'area di rigore. Troppi errori tecnici nell'impostazione della manovra, ritmi bassi, reparti slegati e "lunghi" e idee confuse, portavano inevitabilmente a inefficaci iniziative individuali (sottolineate impietosamente anche dal labiale di Chiellini in panchina), che agevolavano il compito dell'Empoli. I toscani dal canto loro giocavano da squadra e replicavano con un calcio semplice e lineare, fatto di dinamismo e rapide verticalizzazioni che tenevano in costante apprensione la difesa juventina. I giocatori inseriti in corso d'opera da Allegri annegavano nel marasma generale con la sola eccezione di Locatelli e l'assenza di conclusioni bianconere nello specchio dell porta durante la seconda frazione era il suggello alla meritata vittoria della squadra di Andreazzoli.
Archiviata una delle peggiori partenze della storia juventina (simile solo a quelle delle stagioni 2010/2011 e 2015/2016), alla ripresa del campionato dopo la sosta per le nazionali il compito per Allegri sarà improbo. L'arrivo di Kean e l'eventuale innesto di un centrocampista non saranno certo sufficienti a colmare carenze strutturali in ogni reparto frutto di errori di valutazione in fase di mercato compiuti nel corso degli anni da una dirigenza che per mantenere la "ciliegina" Ronaldo ha progressivamente impoverito la base della torta. Il tecnico livornese sarà chiamato a fare fuoco con la legna a disposizione, chiudendo gli esperimenti e puntando su un undici titolare in cui accendere la scintilla dell'orgoglio, per centrare, dato il livello della concorrenza visto in queste prime giornate, almeno l'accesso alle prossime coppe europee.
Fare nozze con i fichi secchi è l'ingrato compito, conosciuto quanto mal digerito, come testimoniano le dichiarazioni della scorsa settimana, che spetta a mister Juric sull'altra sponda calcistica cittadina. Se la sfortunata gara con l'Atalanta aveva lasciato intravedere spiragli di luce, a Firenze il Toro ha fatto un deciso passo indietro mostrando anche in questo caso limiti d'organico e di mentalità simili a quelli dei "cugini" e di ardua soluzione.
A differenza del collega bianconero, il tecnico granata ha perlomeno le idee chiare sull'impianto di gioco e sull'idea di calcio da chiedere ai propri uomini. Il ritmo e l'aggressività voluti sono però venuti meno di fronte alla Viola, che ha dominato proprio nei confronti diretti a centrocampo e sulle corsie esterne. A sprazzi la qualità in impostazione fornita da Lukic e Mandragora, mentre non ha convinto lo schieramento di Linetty in posizione di rifinitore alle spalle del duo d'attacco sulla carta di peso e dinamismo formato da Belotti e Sanabria.
Durante il monologo fiorentino della prima frazione, che ha avuto una breve eccezione nei minuti centrali, erano le parate di Milinkovic-Savic a tenere a galla una retroguardia granata che non trovava giovamento dal rientro di Izzo e il vantaggio siglato in chiusura da Nico Gonzalez era il logico epilogo di quarantacinque minuti a senso unico.
Dopo l'intervallo, tolto qualche spunto sulla fascia destra di Singo, i granata continuavano a restare in balìa della squadra di Italiano, che raddoppiava con merito a metà frazione sfruttando un'altra pecca congenita dei torinisti: ovvero transizione lenta e leziosa nel settore nevralgico con palla persa da Verdi sotto pressione e rapido ribaltamento di fronte che trovava la difesa impreparata e lasciava spazio al colpo di testa vincente di Vlahovic.
Tardiva la reazione della compagine di Juric, che accorciava le distanze con l'unica combinazione degna di nota della serata (filtrante di Lukic per la conclusione in rete di Verdi) quando però il tempo rimasto non era più sufficiente a completare la rimonta.
L'impegno casalingo con la Salernitana alla ripresa del campionato avrà già il sapore dello scontro-salvezza. Obiettivo per Juric e i suoi lavorare per trovare gli interpreti che meglio si adattino per caratteristiche e determinazione al suo 3-4-3 anomalo, in modo da riuscire a lasciare quota zero in classifica.
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