La Juve ancora una volta vince il derby della Mole nel finale
La gara in casa del Toro è decisa dal primo gol bianconero di Locatelli
Locatelli fa le cose per bene, come recitava lo slogan di un Carosello di una cinquantina di anni fa, e con un tocco vellutato a cinque minuti dal termine regala alla Juve la vittoria in un derby che le permette di continuare la risalita in classifica, mentre il Toro esce ancora una volta con le mani vuote dal campo e il rammarico di non avere portato a termine l'impresa di strappare almeno un punto ai "cugini", cosa che mai come questa volta era ampiamente nelle sue possibilità.
Data in grande equilibrio dai pronostici della vigilia (squadre appaiate in classifica come non succedeva dal marzo 1972 e rendimento nella fase d'avvio del campionato addirittura migliore da parte dei granata rispetto a quello dei bianconeri), la stracittadina della Mole ha tenuto fede alle previsioni rivelandosi una gara dai due volti.
A pesare su ambo i fronti le assenze offensive, con quelle di Dybala e Morata a penalizzare gli juventini e la contemporanea defezione di Belotti, Zaza e Pjaca ad impoverire il potenziale torinista. Allegri provava ad osare di più rispetto alla tattica "operaia" adottata in Champions contro il Chelsea, schierando Kean centravanti supportato da Bernardeschi e Chiesa; Juric prediligeva dal canto suo la qualità di Brekalo e Lukic alle spalle di Sanabria, affidandosi al ritmo ed alle geometrie di Mandragora e Pobega nel settore nevralgico.
Sorprendente Juventus a folate nei minuti iniziali, ma di nuovo vittima della sua prodigalità sotto porta, con Kean prima e due volte McKennie poi, che sciupavano occasioni clamorose. Dopodiché la Vecchia Signora tornava a rintanarsi nella propria metà campo lasciando l'iniziativa agli avversari. Bernardeschi diventava il quarto di centrocampo, Chiesa vagava senza costrutto fra le linee, il troppo isolato e mal servito Kean veniva "mangiato" da Bremer. Sull'altro fronte il Toro gettava finalmente in campo l'atteso spirito tremendista, crescendo in dinamismo col passare dei minuti, aggiudicandosi quasi tutti i duelli a centrocampo e ripartendo con efficacia cercando di sfruttare al meglio anche Singo e Aina sulle corsie esterne.
La carica del Toro si infrangeva però sul muro difensivo di Madama, perfettamente orchestrato dal gladiatorio Chiellini e da un De Ligt in costante crescendo, che costringevano Sanabria al ruolo di spettatore non pagante. Siruazione bloccata quindi, con Juve incapace di ripartire e granata costretti ad affidarsi al tiro dalla distanza (spingarda di Mandragora sventata da Szczesny) e alle distrazioni difensive avversarie (inserimento di testa di Luckic su angolo) per far correre qualche brivido ai rivali, i quali replicavano ancora in contropiede con Locatelli prima dell'intervallo.
Lo spartito cambiava nella ripresa. Allegri rilevava l'impalpabile Kean con Cuadrado, passava ad un centrocampo a cinque in fase di impostazione e riproponeva il tridente offensivo fluido (Chiesa prima punta, Bernardeschi e lo stesso colombiano) già visto contro il Chelsea. La Juventus, alternando manovre aggiranti a tentativi di venticalizzazioni, prendeva progressivamente il sopravvento, mentre il Torino aveva un inspiegabile calo di intensità e di personalità, e finiva per arretrare pericolosamente il proprio baricentro.
Il miracolo di Milinkovic-Savic sul colpo di testa di Alex Sandro e la plastica parata del portiere serbo sulla conclusione di Cuadrado erano campanelli d'allarme che venivano interpretati da Juric in chiave difensivistica, come testimoniano i cambi effettuati nella fase cruciale del match (Linetty, Baselli e Rincon per Lukic, Sanabria e Brekalo), quasi a volersi accontentare di uscire indenne dal campo dopo avere infruttuosamente dominato a lungo. Allegri, avendo anch'egli le rotazioni giocoforza contate, cercava di dare un assetto più offensivo ai suoi inserendo Kulusevski per Bernardeschi, nel tentativo di cercare ulteriori varchi e spunti in profondità. La precipitosa chiusura dell'altro neo entrato Ansaldi sul servizio in area di Rabiot per Chiesa era il prologo all'azione che portava Locatelli a siglare il gol partita complice la scarsa reattività dei difensori granata ad uscire in chiusura.
Il palo centrato da Kulusevski in pieno recupero legittimava la vittoria della Juventus, ottenuta grazie alle sue maggiori individualità ed alla sagacia tattica del proprio allenatore, passato dal classico, quanto sempre redditizio, "difesa e contropiede" della prima frazione ad una maggiore spinta propulsiva nella fase decisiva dell'incontro, quando l'avversario è calato d'intensità. Il crescendo, anche di personalità, mostrato nel corso della gara ed essere riuscita a mantenere inviolata la porta in campionato interrompendo un'incredibile striscia negativa di venti partite, sono altri due pilastri su cui la Juventus, dopo la sosta per le nazionali, dovrà continuare a costruire la propria risalita verso i quartieri nobili della classifica.
Per la terza partita consecutiva il Torino è stato tradito nel finale dalle proprie ingenuità difensive, gettando ancora una volta al vento la possibilità di mettere punti importanti e prestigiosi in cascina. A lasciare perplessi è stato il calo fisico e soprattutto mentale palesato nella seconda frazione dai granata, dopo avere tenuto in scacco i bianconeri nel primo tempo impedendo loro di indirizzare tiri nello specchio della porta. Juric, inoltre, forse anche frenato dalle assenze, non ha avuto il coraggio di osare, tirandosi troppo presto indietro senza avere più le armi per pungere in attacco, venendo punito dal "solito" gol nell'epilogo, in quella che negli ultimi anni sta sempre più diventando la "zona derby" della Juve.
Durante la pausa il tecnico croato e il suo staff dovranno lavorare sul recupero degli infortunati (importante per aumentare soluzioni e peso in attacco) e sulla mentalità dei giocatori, per fare definitivamente assimilare lo "spirito Toro", che va gettato in campo con sfrontatezza e senza cali di concentrazione fino all'ultimo minuto di recupero.
Fotografia: www.torinofc.it