Finisce in parità il derby d'Italia, il Toro supera il Genoa
In serie A ritrovano il sorriso le due paladine del calcio sotto la Mole
Ritrovano il sorriso in coppia le due paladine del calcio sotto la Mole al termine di una nona giornata di campionato di cui hanno rappresentato l'apertura e la chiusura. Un Toro concreto, determinato e finalmente concentrato sino al triplice fischio ha piegato un volitivo Genoa intascando tre punti cruciali per il suo cammino, mentre una Juve più spenta rispetto alle precedenti prestazioni e fin troppo "tenera", ha avuto comunque il merito di restare in partita fino al termine sul campo dell'Inter, venendo premiata da un episodio che le ha consegnato un punto prezioso per il morale prima ancora che per la classifica.
Prova d'orchestra per i granata, che specie nel primo tempo hanno suonato il Grifone con tratti di sinfonia. Solida, equilibrata e con la giusta miscela di tecnica e atletismo, la squadra di Juric ha subito preso in mano il controllo delle operazioni. Concentrata la retroguardia, imperniata su Djidji, Bremer e la lieta sorpresa Buongiorno, sulle corsie esterne arrivava il consueto apporto da Singo e Ansaldi, mentre le chiavi del gioco erano affidate a Lukic e Pobega, con Linetty e Brekalo a fare da collante tra i reparti a supporto del terminale offensivo Sanabria.
Le prime due reti che in appena mezz'ora indirizzavano l'esito del confronto erano la testimonianza migliore della riuscita del piano tattico predisposto dall'allenatore croato. Il cross dalla sinistra di Ansaldi trovava il centravanti paraguaiano pronto all'appuntamento vincente di testa, quindi lo stesso Sanabria partecipava con efficacia alla manovra premiando con una sponda l'inserimento di Pobega, che non dava scampo all'ex Sirigu. Il monologo granata nella prima frazione era completato da ritmi elevati e determinazione agonistica, che portavano i torinisti a dominare in quasi tutti i contrasti, risultando spesso più reattivi anche sulle seconde palle.
Granata maturi e in controllo anche in apertura di secondo tempo, nel corso del quale trovavano spazio, mantenendo comunque invariato l'assetto tattico, anche Vojvoda, Praet e il rientrante capitan Belotti. Unica distrazione sulla combinazione verticale tra Caicedo e Destro che portava i rissoblù, apparsi almeno più volitivi, ad accorciare le distanze. Il Toro restava compatto, non accusava il "braccino" e confezionava con i subentrati dalla panchina la rete che metteva l'ipoteca sulla vittoria. Merito alla devastante progressione del centrocampista belga sulla destra, finalizzata dal tocco di Brekalo.
Amministrato quasi con il pilota automatico inserito l'ultimo quarto d'ora, con la sola macchia della poca reattività sull'incursione di Kallon che serviva a Caicedo la palla par far rientrare in corsa i liguri. Nei minuti finali la squadra di Juric reggeva con lucidità di fronte agli ultimi assalti genoani, ritrovando la vittoria e rinfrancando lo spirito in vista dell'impegno infrasettimanale di martedì in casa della capolista Milan.
Juventus dai due volti che ha continuato a lasciare troppe perplessità nel "derby d'Italia" andato in scena domenica sera al "Meazza". Allegri sceglieva ancora una volta un atteggiamento estremamente prudente affidando la difesa ai "soliti noti", che salvo la "dormita" in occasione del gol di Dzeko (complice anche un assetto sbilanciato dalla tardiva sostituzione dell'infortunato Bernardeschi) svolgevano egregiamente il compito assegnato. Più ombre che luci a centrocampo, dove Cuadrado (troppo impreciso) e Bernardeschi andavano a sprazzi, mentre Locatelli e McKennie venivano sovrastati dai pari reparto nerazzurri, palesando le ormai note lacune in fase di impostazione. Non pagava anche la mossa di schierare Kulusevski da seconda punta con compiti di "schermo" sul regista avversario Brozovic, rinunciando inizialmente al dinamismo di Chiesa e lasciando Morata a prodigarsi inutilmente in attacco.
Passati in svantaggio, i bianconeri continuavano a rivelarsi troppo attendisti, quasi remissivi, lasciando il controllo delle operazioni ai più pimpanti padroni di casa, le cui folate offensive si infrangevano però di fronte al muro dei bianconeri, privi di ritmo e di idee e relativamente pericolosi solo in un paio di circostanze sugli sviluppi di calci piazzati.
Stesso canovaccio tattico al rientro dall'intervallo, con una Juventus solo leggermente più intraprendente, mentre l'Inter proseguiva nel proprio dominio e aveva il torto di non chiudere la partita. La svolta nell'ultimo quarto di gara, con gli ingressi di Dybala e Chiesa che davano la scossa alla Juve. La squadra di Allegri, pur mancando sempre nell'ultimo passaggio e rivelandosi oltremodo farraginosa, alzava il proprio baricentro e aumentava il ritmo, mentre quella di Simone Inzaghi, complici alcune scelte discutibili nelle sostituzioni, badava solo più ad amministrare l'esiguo vantaggio e a ripartire di rimessa.
Al tramonto della partita, quando il suo epilogo sembrava ormai scritto, l'ingenuità di Dumfries su Alex Sandro, non ravvisata in campo dall'arbitro Mariani, richiamato giustamente dal VAR, regalava al freddo Dybala il pallone di un insperato pareggio dagli undici metri (nella foto di Eurosport). Nel recupero la Vecchia Signora con uno slancio d'orgoglio cercava addirittura il successo, ma un colpaccio beffardo in casa dei campioni d'Italia sarebbe stato un premio eccessivo per quanto mostrato nell'arco dell'incontro. Tirato un sospiro di sollievo e compiuto un altro piccolo passo verso posizioni più consone di classifica, la Juve punterà a riprendere il dialogo con la vittoria già mercoledì allo Stadium contro il Sassuolo.