Pareggi per Juve e Toro nel 23° turno di serie A
I granata dominano ma vengono raggiunti dal Sassuolo, pari dei bianconeri in casa del Milan
Il Torino, forse mai così scintillante in stagione, domina a lungo e strappa applausi ma non chiude la partita (complice la sfortuna) e finisce per compiacersi troppo, venendo beffato dal Sassuolo che strappa un pareggio insperato lasciando ai granata un punto in mano e tanto rammarico in corpo per una vittoria meritatissima gettata al vento.
La Juventus, pragmatica e accorta quanto sterile in fase offensiva (non un solo tiro nello specchio della porta avversaria), bada innanzi tutto ad uscire indenne da San Siro, riesce ad ingabbiare il Milan e allunga la sua striscia di risultati utili al termine di una gara combattuta, bloccata tatticamente e povera di contenuti tecnici, in cui ha prevalso su entrambi i fronti la paura di perdere rispetto alla voglia di vincere.
Agrodolce per le due paladine del calcio sotto la Mole l'ultima giornata di campionato prima della sosta per lo stage della Nazionale. Contro il Sassuolo la squadra di Juric metteva in scena un altro avvio "tremendista", con pressing costante e trame offensive che alternavano sfruttamento delle fasce laterali, cambi di fronte e combinazioni per l'inserimento al tiro dei centrocampisti.
Al quarto d'ora la rete del vantaggio con la consueta "specialità della casa", ovvero cross dalla sinistra di Brekalo, sponda sul fronte opposto di Singo per Sanabria, che non si faceva pregare a timbrare il cartellino.
Sbloccato il risultato, il Toro continuava a spingere sull'acceleratore quasi inserendo il pilota automatico di fronte ad un irriconoscibile Sassuolo in versione spettatore non pagante nonostante qualche sparuto e velleitario tentativo di ripartenza in verticale. Zima (sostituto dell'infortunato Djdji), Bremer e Rodriguez non correvano pericoli in difesa proponendosi anche in avanti, Singo e Vojvoda imperversavano sulle corsie esterne, Lukic e Mandragora offrivano quantità e qualità nel settore nevralgico, con Brekalo e Praet liberi di svariare alle spalle di Sanabria. Monologo granata fino all'intervallo, con Consigli costretto a superarsi in un paio di circostanze, Sanabria che si vedeva annullato il raddoppio e la fucilata di Mandragora che faceva tremare il palo.
Stesso copione dopo il riposo, con l'incontenibile Singo che trascinava i compagni in un crescendo quasi rossiniano e solo la traversa a fermare il colpo di testa del centravanti paraguaiano destinato in fondo al sacco. Dopo l'ora di gioco l'ingresso di Defrel dava più vivacità agli emiliani che avanzavano il baricentro, mentre la squadra di Juric rifiatava sfruttando le giocate di rimessa per poi tornare a chiudere gli avversari nella loro metà campo.
La traversa colpita dall'inzuccata di Bremer (terzo legno di un'incredibile giornata) certificava il dominio granata, ma allo stesso tempo rappresentava un presagio sinistro per i torinisti, incapaci di mettere in ghiaccio la partita. Il Toro amministrava infatti con troppa sufficienza l'esiguo e poco rassicurante vantaggio, mentre la compagine di Dionisi restava viva ed insidiosa e a due minuti dallo scadere confezionava col più classico dei contropiedi finalizzato da Raspadori (soluzione neroverde evidentemente di moda in riva al Po, dato che ne aveva già fatto le spese la Juventus) l'amarissima beffa che mandava su tutte le furie Juric, espulso dopo il triplice fischio. La sosta servirà al Toro per meditare sulla lezione ricevuta dal campo e preparare il prossimo impegno di Udine, in cui al dinamismo tremendista, si spera supportato da una maggiore concretezza offensiva, non dovranno più essere associati cali di concentrazione.
Nobili timorose sul malinconico e spelacchiato palcoscenico della Scala del calcio, in cui i soli cinquemila spettatori imposti dalle norme anti Covid stridevano col richiamo dell'evento in cartellone. Ancora scottato dalla rocambolesca sconfitta al veleno incassata dallo Spezia, il Diavolo non poteva permettersi altri passi falsi ed era comunque chiamato, per l'onere di giocare in casa, a fare la partita. Sull'altro fronte la Vecchia Signora scendeva in campo col chiaro intento di uscire indenne dal confronto con la rivale storica che la precede in classifica, badando alla sostanza ed accantonando ancora una volta la forma.
Ritmi sostenuti e duelli affidati alla clava più che al fioretto fin dalle prime battute, con la Juve che aveva un approccio più frizzante (conclusione a lato di Cuadrado), venendo poi progressivamente sormontata dal crescendo e dal dinamismo milanista. Il piano tattico di Allegri si rivelava però azzeccato. Sicuro Szczesny quando chiamato in causa da Leao e Theo Hernandez, Chiellini e Rugani giganteggiavano sull'evanescente Ibrahimovic prima e sul poco incisivo Giroud poi, risultando tempestivi anche nelle chiusure. Sulle "catene" esterne, seppur con qualche difficoltà, De Sciglio e Cuadrado riuscivano ad arginare le sgroppate di Leao e Theo Hernandez, imitati sull'altra fascia da Alex Sandro (più attento del solito) e dal pimpante McKennie contro Messias e Calabria.
Gagliarda, anche se povera di lucidità in fase di impostazione, la prestazione di Bentancur e Locatelli nel settore nevralgico, mentre Dybala era di nuovo chiamato ad interpretare il ruolo del regista offensivo con giocate di classe che però non lasciavano il segno negli ultimi sedici metri. Negativa invece la prova di Morata e del subentrato Kean, prede troppo facili della retroguardia milanista. Il risultato ad occhiali, esito quasi scontato della prima frazione visto quanto prodotto dai ventidue in campo, persisteva anche dopo l'intervallo quando i bianconeri riuscivano ad alleggerire la pressione avversaria, prendevano campo, ma non trovavano sbocchi offensivi per la loro manovra a causa di una squadra troppo allungata in fase di ripartenza e della mancanza di precisione nelle uniche due circostanze in cui andavano alla conclusione (leggi i colpi di testa a lato da posizione favorevole di Morata e McKennie).
Nel finale l'intensità calava su ambo i fronti e le squadre preferivano non rischiare accontentandosi del pareggio e rimandando ai successivi confronti con le altre grandi la verifica delle rispettive ambizioni. Per la Juve il bicchiere mezzo pieno di un punto esterno ottenuto mantenendo la porta inviolata contro un avversario di livello e quello mezzo vuoto dell'ormai cronica difficoltà a produrre ed a concretizzare gioco, di soluzioni ed alternative offensive ridotte al lumicino e di non essere ancora riuscita a battere una delle squadre che la precedono in classifica.
Dopo la sosta l'impegno casalingo contro un Verona da prendere sempre con le molle nonostante l'assenza dello squalificato "castiga Juve" Simeone, per continuare la scalata verso i quartieri alti.
Nella fotografia di Eurosport: la stretta di mano tra il bianconero Chiellini ed il milanista Giroud.